Cambiamenti nel tempo, cambiamenti climatici e al contempo richiesta di cibo biologico, stagionale, a chilometro zero. È su questi due binari, spesso opposti, che sta mutando l’agricoltura italiana e il consumo.

La raccolta e di documenti Ispra forniscono quindi una panoramica scientifica sullo sviluppo e l’andamento della coltivazione in Italia, i frutti dimenticati, quali sono e come si sta cercando di riportarli in auge. “Una collana organica e coerente sui Frutti dimenticati […] il quadro della situazione delle Regioni italiane.
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Questa iniziativa intende essere un contributo alla conservazione e conoscenza dell’agrobiodiversità, il processo che ha generato, attraverso la selezione da parte dei contadini locali, la più grande molteplicità in Europa di animali e vegetali legati al territorio”.

Le regioni sono, assieme ai comuni, alle province, alle città metropolitane e allo stato centrale, uno dei cinque elementi costitutivi della Repubblica Italiana.

Ogni regione è un ente territoriale con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione della Repubblica Italiana, come stabilito dall'art. 114, II comma della carta costituzionale.

Le regioni, secondo quanto indicato dall'art. 131 Cost., sono venti. Cinque di queste sono dotate di uno statuto speciale di autonomia ed una di queste (il Trentino-Alto Adige), è costituita dalle uniche due province autonome, dotate cioè di poteri legislativi analoghi a quelli delle regioni,
dell'ordinamento italiano (Trento e Bolzano). Nel rispetto delle minoranze linguistiche, il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta sono riportati con le denominazioni bilingui Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste all'art. 116, come modificato nel 2001.

Non importa che tipo di viaggio si organizza – in Italia e nelle caleidoscopiche regioni italiane ognuno troverà ciò che più gli piace: il formidabile mondo alpino dell´Alto-Adige, le ottime aree sciistiche nella Valle d´Aosta o le bellissime città storiche dell´Italia settentrionale nella Toscana, Lombardia o nel Veneto. Poi ovviamente le attrazioni e l´incantesimo della capitale italiana Roma e delle sue attrazioni nei dintorni.

Poi non dobbiamo dimenticare l´Italia meridionale che è altrettanto affascinante quanto l´Italia settentrionale, anche se magari meno conosciuta all´estero: La Puglia, Calabria e Basilicata offrono dei paesaggi e dei luoghi da sogno e anche le isole Sicilia e Sardegna appartengono alle destinazioni da non perdere in Italia. 20 regioni e 20 destinazioni di vacanza meravigliose che non devono assolutamente mancare nella vostra lista dei luoghi degni d´esser visti.
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La corretta attuazione del principio contenuto nell’articolo 9 della Costituzione, secondo quelli che furono i propositi dei costituenti, ed alla luce delle interpretazioni che del richiamato principio hanno dato la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, dovrebbe avvenire attraverso due specifiche funzioni: la tutela e la valorizzazione.

Dette funzioni, seppure ontologicamente distinte e riflettenti un ordine di attribuzioni nettamente differenziate, condividono, tuttavia, le medesime finalità: la preservazione e del territorio nazionale e la promozione dello sviluppo della cultura.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio non si limita a dare una definizione di «beni paesaggistici», ma all’articolo 131, definisce espressamente anche il «paesaggio». Per quel che a noi interessa, occorrerà chiedersi brevemente se nell’accezione codicistica «paesaggio» e «beni paesaggistici» sono la stessa cosa, soprattutto con riferimento alla valorizzazione ed alla tutela degli stessi. In proposito le posizioni espresse dalla dottrina sono discordanti. Un primo filone ne ha sostanzialmente affermato l’identificazione, ritenendo che i beni paesaggistici non sono altro che una declinazione del paesaggio, mentre altra e più seguita dottrina è nel senso che si tratta di entità distinte, corrispondendo il paesaggio a qualcosa di più ampio rispetto ai beni paesaggistici.

Questa seconda interpretazione si baserebbe su un dato strettamente letterale, che si ritrova nell’articolo 131 del decreto legislativo 42/2004, come modificato dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63. Inoltre, coloro che si associano a detta teoria, evidenziano che la nozione di paesaggio accolta dalla Convenzione e recepita nelle successive riscritture del Codice dei beni culturali e del paesaggio, fa riferimento ad una pluralità di paesaggi, comprensivi anche di realtà prive di pregio o interessate da processi di degrado o di abbandono, mentre i beni paesaggistici, per il loro diretto richiamo all’identità culturale, dovrebbero avere un riferimento territoriale più ristretto.

Nella definizione fornita dall’articolo 2 del Codice, la tutela e la valorizzazione non si riferisce solamente ai beni culturali ma all’intero patrimonio culturale, in cui rientrano, per espressa statuizione normativa anche il paesaggio ed i beni paesaggistici.

Ne consegue che, per precisare i concetti di tutela e valorizzazione delle diverse componenti del paesaggio, tra cui evidentemente, rientrano i beni paesaggistici, è necessario avere riguardo, oltre che alle norme che specificatamente si riferiscono a tali beni, anche alle disposizioni generali che danno la definizione, comune sia ai beni culturali che ai beni paesaggistici, delle nozioni di tutela e valorizzazione.

L’evoluzione subita dalla materia nel corso degli anni ha portato al vigente concetto di tutela fatto proprio dal Codice, il quale consiste «nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantire la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione».

Si evince che la tutela si può attuare mediante l’effettuazione di plurime attività.

Dall’attività ricognitiva, nei procedimenti rivolti all’individuazione dei beni; alla garanzia di protezione e conservazione, che si esplica soprattutto nel controllo, mediante la sottoposizione a specifici procedimenti autorizzatori, delle trasformazioni che su tali beni possono essere operate; alla previsione di comportamenti attivi finalizzati alla preservazione delle caratteristiche di valore che connotano tali beni.

Per il Codice, ognuna delle attività svolte con finalità di tutela del patrimonio culturale, è comunque indirizzata alla «pubblica fruizione», che rappresenta, dunque, il fine ultimo della tutela.

L’articolo 3 del Codice conclude stabilendo che «l’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale». La possibilità di condizionare l’uso di un bene, sino al punto di vietarne ogni trasformazione ed anche determinate utilizzazioni, se non attraverso la concessione di un’autorizzazione sottoposta a stringenti verifiche, e senza che ciò costituisca incisione del diritto di proprietà, rappresenta l’essenza stessa della tutela. Ciò spiega perché, se un bene è dotato di valore culturale non ha bisogno del riconoscimento da parte della competente amministrazione, poiché il valore è intrinseco al bene, preesiste al bene stesso. Da ciò consegue che le misure volte a garantire la tutela del patrimonio culturale, sia quando abbiano ad oggetto la sottoposizione del bene a tutela, sia quando comportino restrizioni all’utilizzabilità o alla trasformabilità dello stesso, non conoscono indennizzabilità.

Nello specifico, l’articolo 131 del Codice, come modificato dall’articolo 2 delle disposizioni integrative contenute nel d. lgs. 63/2008, al quarto comma dispone che la tutela del paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime.

La disposizione conferma in linea di massima, quanto disposto dall’articolo 3 con riguardo al patrimonio culturale, prevedendo che essa avvenga, essenzialmente, attraverso le attività di ricognizione dei beni paesaggistici e nella attività di salvaguardia degli stessi.

Prima di passare all’analisi del concetto di valorizzazione, appare utile ricordare che il Codice è preciso nel tracciare una netta differenza tra l’oggetto della tutela e quello della valorizzazione: infatti, mentre l’articolo 3 del Codice contiene un’unica nozione di tutela del patrimonio culturale, in cui evidentemente rientra anche il paesaggio, l’articolo 6 prevede due distinte definizioni di valorizzazione: la prima riguardante l’intero patrimonio culturale, la seconda specificamente riferita al paesaggio.

Ebbene, passando all’analisi del concetto di valorizzazione del paesaggio, deve evidenziarsi che detta funzione assume caratteri distinti a seconda che la si riferisca al patrimonio culturale globalmente inteso, ovvero al paesaggio. Infatti, per come questa è stata comunemente intesa, la funzione di valorizzazione dei beni culturali assomma agli aspetti connessi alla pubblica fruizione, alcuni elementi ulteriori che possono definirsi tipici e che difficilmente possono immedesimarsi nella valorizzazione del paesaggio.

Deve premettersi che, diversamente da quanto avviene per la valorizzazione dei beni culturali, cui è dedicato un cospicuo numero di norme, della valorizzazione del paesaggio non veniva fatta menzione nelle precedenti versioni del Codice.

La differente attenzione che il legislatore dedica alla valorizzazione dei beni culturali rispetto alla valorizzazione del paesaggio, viene spiegata da un’attenta dottrina, per «la circostanza che la valorizzazione del paesaggio è, piuttosto che rapporto giuridico, attività materiale». A ciò si aggiunga che buona parte dei contenuti della valorizzazione dei beni culturali non sono replicabili con riferimento al paesaggio per il quale, ad esempio, è meno facilmente configurabile uno sfruttamento di carattere economico od imprenditoriale, così come l’esternalizzazione dei relativi servizi. Alla scarsezza della disciplina normativa in materia di valorizzazione del paesaggio corrispondeva, naturalmente, la totale assenza di riferimenti giurisprudenziali ed una scarsa attenzione da parte della dottrina.
In tale prospettiva, per valorizzazione del paesaggio si sono intese o l’azione rivolta ad esaltare i valori paesaggistici tipici di un territorio, in modo da aggiungere interesse alla sua funzione o facilitarne l’accessibilità; ovvero l’azione diretta a recuperare siti compromessi o degradati.

Alla lacuna normativa sopra rilevata hanno posto rimedio i decreti che hanno integrato il Codice. In particolare, il d. lgs. 157/2006 ha aggiunto un capoverso all’articolo 6, comma 2 del Codice, relativo alla valorizzazione del patrimonio culturale, espressamente e specificamente dedicato alla valorizzazione del paesaggio, la quale «comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati».

Il nuovo correttivo licenziato con il d. lgs 63/2008, modificando la parte terza del Codice ha riscritto l’articolo 131, stabilendo un’ulteriore e diversa definizione di “valorizzazione del paesaggio”. 

Nel nuovo comma 5 del nominato articolo 131 si legge che «la valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. A tal fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati».

Viene confermata, poi, anche la primarietà della funzione di tutela rispetto a quella di valorizzazione, nel momento in cui la predetta disposizione ricorda che «la valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela». Alla nozione di valorizzazione del paesaggio viene restituita la fondamentale funzione di svolgere l’attività di miglioramento della fruizione e dello sfruttamento consapevole del paesaggio, in connessione con la promozione dello sviluppo della cultura, nonché con il sostegno alle attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio.

Non pare esservi dubbio sul fatto che le concrete attività attraverso le quali si estrinseca la funzione di valorizzazione, siano da ricondurre all’attività di pianificazione del paesaggio e, nell’ambito di questa, nell’individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze di tutela.

Comune alle attività di tutela e valorizzazione sembra essere l’attività di analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione e di difesa del suolo. Invero, con riferimento all’attività pianificatoria la distinzione tra le due funzioni di tutela e di valorizzazione sembra ancor più difficile, attesa la loro intima connessione in relazione alla pianificazione paesaggistica. Ciò che sembra accertato è che con le ultime versioni del Codice, la nozione di paesaggio è stata arricchita di sempre più ampi ed importanti contenuti, che richiederebbero maggiore attenzione e sensibilità da parte delle autorità preposte. Vero è che nelle esperienze pianificatorie che si sono succedute sino ad oggi, all’interno delle quali pure era possibile inserire contenuti connessi con la valorizzazione del paesaggio, le autorità pianificatrici si sono esclusivamente concentrate sulla normativa d’uso, intesa in senso tendenzialmente restrittivo della possibilità di trasformazione consentite dalla strumentazione urbanistica, trascurando completamente l’elemento della valorizzazione.

È auspicabile che questa tendenza cambi, soprattutto se si considera l’innovativa nozione di paesaggio che oggi è accolta nel nostro ordinamento. La pianificazione paesaggistica non dovrebbe porsi solo in termini prescrittivi e riduttivi, ma anche in termini propositivi e di concreta e fattiva collaborazione ed incentivazione al recupero dei valori paesaggistici smarriti o compromessi. Così come concepita la nuova pianificazione paesaggistica dovrebbe aggiungere utilità e prospettive di sviluppo culturale ed economico. Ne discende che, diversamente da quanto avviene per la tutela, espressamente riferita dal Codice ai soli beni paesaggistici, la funzione di valorizzazione non può limitarsi solo ad essi: come la pianificazione paesaggistica non ha ad oggetto i soli beni paesaggistici ma l’intero paesaggio, nell’ampia accezione che abbiamo accolto in precedenza, così la valorizzazione non può prendere in considerazione i soli beni paesaggistici ma, anch’essa, deve avere ad oggetto l’intero paesaggio.

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