Frutto tipico del sottobosco, il mirtillo (Vaccinium Myrtillus) ha tradizioni antichissime e viene utilizzato per curare diverse patologie. I mirtilli generalmente crescono nelle zone montane (sulle Alpi e gli Appennini), nei boschi e trovano la loro maggiore diffusione sui terreni ricchi di humus. Come riconoscerli? Sono dei piccoli arbusti appartenenti alla famiglia delle Ericacee, alti circa 60 cm. La loro fioritura avviene in primavera e si distinguono in tre differenti specie: mirtillo nero, rosso e blu. Secondo alcune recenti ricerche effettuate negli Stati Uniti, queste piccole bacche, sarebbero dotate di un enorme quantitativo di sostanze antiossidanti, in grado quindi di prevenire patologie cardiovascolari, proteggere dai tumori e addirittura ritardare il naturale processo di invecchiamento. Dunque hanno un duplice scopo: da una parte rappresentano una fonte di alimento, dall’altra vengono utilizzate come medicamento.

mirtillo nero Vaccinium_fruechte

Le proprietà del mirtillo nero.
Il mirtillo nero è quello maggiormente ricco di principi salutari. Infatti contiene zuccheri e molti acidi, in particolare l’acido citrico (che protegge le cellule) ma anche l’acido ossalico, l’idrocinnamico e il gamma-linolenico. L’acido ossalico è quello che conferisce il classico sapore asprigno del frutto; l’acido idrocinnamico è molto efficace perché è in grado di neutralizzare le nitrosammine cancerogene (prodotte nell’apparato digerente in conseguenza dell’ingestione di nitrati); l’acido gamma-linolenico invece è molto utile al sistema nervoso perché previene la nefropatia diabetica. Ma non è tutto: il mirtillo nero è particolarmente ricco di acido folico (una vitamina molto importante per le varie numerose funzioni che svolge) e contiene tannini e glucosidi antocianici, i quali oltre a dare al frutto il suo caratteristico colore, riducono la permeabilità dei capillari e ne rafforzano la struttura. Le antocianine infine, presenti in grandi quantità, rafforzano il tessuto connettivo che sostiene i vasi sanguigni e ne migliorano l’elasticità ed il tono. Riescono in tal modo a svolgere un’azione antiemorragica nonché contro i radicali liberi. Tutte questa sostanze poi favoriscono e aumentano la velocità di rigenerazione della porpora retinica, migliorando la vista specialmente la sera, quando c’è poca luce.

Le proprietà del mirtillo rosso.

mirtillo rosso Vaccinium_vitis-idaea
La differenza con il mirtillo nero non è da attribuire solo al colore e al sapore, ma anche alla consistenza delle foglie, che si presentano coriacee, lucenti e persistenti. Il mirtillo rosso (ricco di ferro, vitamina C e fibre) è diffuso in molte regioni dell’Europa e nelle zone collinari e montane dell’Italia (specialmente sulle Alpi e sugli Appennini settentrionali) e il terreno che predilige è quello soleggiato o parzialmente ombroso. I suoi frutti sono molto saporiti e generalmente vengono utilizzati per la preparazione di ottime marmellate. Questo è considerato dagli esperti un alimento sano e curativo. In medicina i mirtilli rossi vengono utilizzati al prevenire e curare le infezioni alle vie urinarie (in particolar modo la cistite provocata da Escherichia coli, riducendone la quantità nelle urine); la sua efficacia è apprezzabile anche per quanto riguarda le micosi e i virus. Quantità ridotte di mirtilli rossi possono ridurre il livello di calcio nell’urina, evitando situazioni di aggravamento, per chi soffre di calcoli renali. La sua utilità è dimostrata anche come coadiuvante in caso di diarrea, nelle stitichezze, e nei problemi legati al colon irritabile e alle emorroidi. Infine, i mirtilli rossi hanno anche la capacità di attenuare i piccoli inestetismi della pelle quale la couperose. Per quanto riguarda invece il loro utilizzo dal punto di vista alimentare, i mirtilli rossi vengono utilizzati per la preparazione di ottime marmellate, conserve e gelatine, o per essere gustate con l'aggiunta di un po' di succo di limone e zucchero, magari “accompagnate” da more e lamponi, a costituire la classica coppa di frutti di bosco, servita e consumate specialmente nelle località alpine. Anche la grappa che si ottiene dalla macerazione di questi frutti (con un alto grado alcolico), ha un sapore intenso e delicato e viene acquistata in grandi quantità dalle migliaia di turisti che si recano a soggiornare nei caratteristici paesini di montagna.

Mirtilli rossi per combattere la couperose.
I mirtilli rossi, come accennato, hanno proprietà rinfrescanti, astringenti, toniche, e diuretiche e contengono numerosi principi attivi, fra cui le vitamine A e C, l'acido citrico e quello malico, la mirtillina, fosforo, calcio, manganese. L’azione di queste vitamine è apprezzabile soprattutto per quanto riguarda i problemi legati ai capillari (ne rinforza infatti le pareti). Ecco perché in caso di couperose vengono prescritte dagli specialisti, creme a base di mirtilli o rimedi quali quello di creare in casa una maschera per il viso contro questo in estetismo: in un quarto di litro di acqua, bollire un cucchiaio di bacche per 10 minuti. Schiacciarle, aggiungere 2 cucchiai di avena polverizzata e mescolare. Stendere sul viso tenendo per 15minuti. Infine sciacquare con acqua tiepida.

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Dai frutteti soleggiati della Valle d'Aosta, crescono la mele e pere di montagna, dai colori e profumi intensi con polpa finissima e succosa.
La Valle d’Aosta dedica alla mela due importanti sagre autunnali: la Festa delle Mele di Gressan e Melevallée ad Antey-Saint-André.
Queste due feste, che si celebrano ogni anno rispettivamente la prima e la seconda domenica di ottobre,
sono occasioni golose per assaporare specialità preparate con le diverse qualità di mela: gelatine, marmellate, succhi di frutta, sidro, torte e crostate.
Mele.
Riconosciute come Prodotti Agroalimentari Tradizionali come da art.8, D.L.30-04-98, n.173
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Attraversando il fondovalle si scorgono, sia sulla destra che sulla sinistra orografica della Dora Baltea, numerosi frutteti coltivati secondo regole rigorosamente tradizionali, ove il ricorso ai trattamenti antiparassitari è limitatissimo. Ciò è possibile grazie al clima secco e alla buona esposizione al sole, fattori indispensabili per ottenere frutti dolci, dai colori e dai profumi intensi.
La mela è senza dubbio il frutto più diffuso in tutta la Valle d'Aosta (la produzione annua supera i 35 mila quintali), in prevalenza nelle zone di Saint-Pierre, Sarre e Villeneuve.
Le sue virtù alimentari si conoscono da secoli e costituiscono un valido apporto nutrizionale, altamente digeribile da adulti e bambini.
Le specie tipiche sono quattro, due delle quali sono riconosciute come prodotti agroalimentari tradizionali:
  • La Renetta della Valle d'Aosta, è il simbolo della tradizione frutticola valdostana, dalla polpa finissima e profumata e dalla buccia rugosa di colore giallo-ruggine; è una qualità particolarmente indicata per la produzione di torte, frittelle e altre specialità culinarie
  • La Golden delicious della Valle d'Aosta, dalla polpa succosa, zuccherina e croccante e dalla buccia giallo-rosata, è molto aromatica, tanto da meritarsi l'appellativo di "perla" della tavola.
Oltre alle due varietà di mele più conosciute se ne producono altre due:
  • La Red delicious, dal colore rosso intenso e molto zuccherina, conosciuta ed apprezzata nella versione starking
  • La Jonagold, col suo caratteristico sapore dolce-acidulo che deriva dall'incrocio di due differenti qualità (la golden e la jonathan), gialla striata di rosso dalla polpa molto croccante e particolarmente succosa
  • pere Martin sec-medium
  • Pere.
Prodotto del Territorio.
Merita un assaggio La martin sec, una pera piccola e regolare, dalla buccia ruvida di color ruggine, utilizzata soprattutto nella versione sciroppata o cotta nel vino.
La raccolta e la commercializzazione di mele e pere sono oggi prevalentemente affidate alla Cofruits, cooperativa di Saint-Pierre, che ha immesso sul mercato anche alcuni prodotti originali, quali confetture, succhi, mele essiccate, aceto di mele e acquavite di mela renetta.
Castagne e noci.
Prodotti del Territorio
Castagne
Se la mela è il frutto per eccellenza della Valle d'Aosta, la castagna ha da sempre rivestito un ruolo importante. È presente soprattutto nella zona compresa tra Châtillon e Pont-Saint-Martin e all'imbocco della Valle del Lys, dove si concentra l'80% dei castagneti della Regione.
Frutto tipicamente autunnale, la castagna risulta essere ingrediente primario di numerose specialità della gastronomia valdostana.
La si abbina con i salumi (lardo e motsetta), la si serve in zuppe e minestre, la si accompagna con il burro e con il latte di montagna ma soprattutto la si apprezza come dolce: glassata, in confettura, con la panna montata o con il cioccolato.
Di facile conservazione, sovente essiccata per poter essere consumata durante l'intero arco dell'anno, la castagna valdostana è un prodotto di piccole dimensioni ma di grande qualità e straordinariamente gustosa. Della raccolta, lavorazione, conservazione (senza alcun trattamento) e commercializzazione del prodotto si occupa "Il Riccio", cooperativa con sede a Lillianes, alla quale conferisce la maggior parte dei produttori della Bassa Valle.
Altro importante frutto valdostano è la noce. Preziosa, dal sapore inconfondibile, è difficilmente reperibile in quanto prodotta quasi esclusivamente per il consumo familiare, ma una vera delizia da abbinare con dolci e formaggi. Dalle noci valdostane si ricava l'ottimo olio di noci, alimento prelibato e dal sapore inconfondibile.
Olio di noci, huile de noix.Dalle ottime noci locali, negli ultimi anni è ricominciata la produzione, anche per il commercio e non solo per l'uso familiare, dell'olio di noci, huile de noix, riconosciuto ora prodotto tradizionale della Valle d'Aosta ( Art. 8 d.l. 30 aprile 1998, n. 173) e divenuto concorrente degli altri condimenti italiani di alta qualità. Per la sua produzione, oggi vengono utilizzati impianti moderni, che si affiancano ai favolosi torchi in legno di una volta.
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Nel variegato universo dei vitigni italiani un’uva come l’Asprinio di Aversa costituisce sicuramente uno dei casi più singolari.

Leggete, qui, quello che scrivono a riguardo, nella sezione dell’assessorato all’Agricoltora del sito Internet della Regione Campania: “ avete mai visto viti che si arrampicano, “maritate” al pioppo, verso il cielo fino a raggiungere i 15 metri di altezza, fornendo delle imponenti barriere verdi, cariche di grappoli? Uve che per essere raccolte impongono ai viticoltori equilibrismi incredibili su altissime scale?

Viti, inoltre, franche di piede, come in era pre-fillosserica ? Queste sono alcune delle caratteristiche che rendono unico, ineguagliabile l’Asprinio di Aversa”. L’area di produzione include 22 comuni, posti nelle province di Caserta e di Napoli.
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Quasi sette anni così ne parlava il giornalista napoletano Luciano Pignataro sul suo sito, “uno dei bianchi campani più famosi è in estinzione: l’Asprinio d’Aversa. Strano destino mentre impera la moda del crudo di pesce in stile nippo-vesuviano dove l’abbinamento d’obbligo sarebbe proprio questo bianco di cui Soldati e Veronelli cantarono il colore verdolino, l’agrumato, la grandissima freschezza e la capacità di spumantizzarlo. Per non parlare poi della mozzarella di bufala, suo alter ego naturale.
Attualmente della doc Aversa sono in circolazione poco più di 300.000 bottiglie, una goccia di fronte ai dieci milioni della Falanghina, ai due milioni di Fiano, ai tre di Greco”.
Ora io non ho possibilità di sapere se la situazione sia migliorata, se i numeri siano cambiati, ma ho la sensazione che quel malaugurato rischio di estinzione sia per fortuna scongiurato e che sia almeno costante il numero di aziende che onorano questo vitigno unico e inimitabile ottenuto con un sistema di allevamento risalente agli Etruschi che in Italia è stato utilizzato in passato anche in altre regioni del Centro-Sud, quali la Toscana, l’Umbria e il Lazio.
Da qualche anno si sa qualcosa di più sull’origine del vino, anche se sull’Asprinio “non vi è una dettagliata storia e diverse sono le interpretazioni sulla provenienza di tale vitigno. Alcuni studiosi pensano che la provenienza dell’Asprinio sia la Grecia, mentre altri ritengono che tale vitigno fosse preesistente, in virtù del metodo etrusco scelto per coltivarlo.
Recenti studi sul DNA, condotti dal prof Scienza, hanno rivelato uno stretto apparentamento con il greco di tufo”.
Quello che è stupefacente, e fa sì che anche a livello legislativo sia previsto che “in etichetta potrà figurare la dicitura “da vigneti ad alberata” o “alberata” solo se le uve provengono esclusivamente da vigneti allevati con tale forma di allevamento, tradizionale per la zona”, è, come già accennato sopra, la forma di allevamento, le alberate aversane, così descritte da Amadeo Maiuri in Passeggiate Campane: “sono i campi delle viti eccelsi di Plinio, materialmente abbracciate agli alti pioppi, i campi delle uve più feconde di mosto e del vino arbustivo (come era un tempo chiamato dagli intenditori), come se da quella stretta tenace a quei tronchi gravi e sostenuti, un poco di ligneo umore potesse calare nel succo del vino”.
Mario Soldati in Vino al vino sottolineava invece l’assoluta particolarità organolettica: “non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessuno. …L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non si può immaginare se non lo si gusta…Che grande piccolo vino!”.
Le caratteristiche fisiologiche del vitigno Asprinio, coltivato solo nella zona aversana, ne fanno, oltre ad un vino “allegro, leggero, brioso” (parola di Luigi Veronelli), uno spumante elegante, eccezionalmente buono, molto ricercato per la sua naturale freschezza”.
Spumante si è detto, e uno dei modi più intelligenti di onorare le qualità dell’Asprinio aversano è non accontentarsi di vinificarlo come un vino bianco fermo, ma di provare a ricamarci sopra in versione… “bollicine”. Questo anche se non esiste in Campania una vera e proprio tradizione spumantistica. Non sono molte, di questo sono certo, le aziende che producono Asprinio di Aversa, lo ricordiamo, Denominazione di origine controllata dal 1993, e meno ancora quelle che elaborano charmat o metodo classico, ma so, per conoscenza ed esperienza diretta, che una delle più importanti e centrali nello sviluppo di una sensibilità spumantistica sull’Asprinio è la Grotta del Sole di Quarto, nel cuore dei Campi Flegrei, proprietà della famiglia Martusciello.
 
Magnifico, intrigante il colore, un paglierino metallico traslucido super luminoso e pieno di riflessi e abbastanza neutro (non cercate grandi bouquet e scoppiettanti aromatiche cromie!) il naso, però affilato, secchissimo, di nerbo “viperino” e tagliente precisione, con sottili aromi di fiori bianchi e agrumi ed una nota precisa tra il sulfureo e la pietra focaia.
La sua leggendaria, paradigmatica “secchezza totale” emerge subito sin dal primo sorso, diritto, scattante, verticale senza cedimenti e compiacenze, essenziale, petroso, nervoso al limite dell’ossuto, in continua tensione, ma con una freschezza, garantita da un’acidità ben sostenuta, quasi irreale, con un “sale” che insieme a nitide note di mandorla va a costituire il sapore del vino e ne scandisce il ritmo ben cadenzato.
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La storia.

Il limone di Sorrento, con il suo colore, il suo sapore, il suo profumo è da sempre simbolo della Penisola Sorrentina.

Le caratteristiche climatiche, la particolare conformazione del territorio e la peculiare natura del terreno rendono, infatti, questo frutto unico nel suo genere.

Il giusto equilibrio tra acido citrico e zuccheri, la qualità e la quantità degli oli essenziali presenti nella sua buccia ne connotano l'aroma e l'inconfondibile profilo organolettico. La coltivazione del limone nella Penisola Sorrentina è testimoniata dalla raffigurazione di limoni in numerosi affreschi e mosaicirinvenuti negli scavi di Pompei ed Ercolano.

limoni sorrento

Queste cittadine, ubicate in un raggio di 30 km da Sorrento, furono distrutte dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Nella "Casa del frutteto" a Pompei, riportata alla luce nel 1951, è rappresentato un albero di limoni a dimostrazione della presenza di questa coltivazione nell'area vesuviana già nel I secolo d.C.. I frutti raffigurati hanno forme e caratteristiche molto simili a quelli ancora oggi presenti nei giardini sorrentini a dimostrazione di quanto siano profonde ed antiche le radici di tali colture nell'area.

A partire dal diciottesimo secolo i limoni di Sorrento cominciarono ad essere oggetto di coltivazione intensiva e nel secolo seguente di floridi traffici marittimi verso il nord Europa e il nord America grazie ai velieri costruiti proprio nei cantieri navali della Penisola Sorrentina.

Questo mercato, nonostante ricorrenti periodi di difficoltà, ha resistito fino agli anni '50 del secolo scorso, quando, a causa del forte sviluppo turistico e della conseguente diminuzione delle superfici coltivabili, della concorrenza di prodotti di minore qualità ma più economici e per la progressiva disaffezione dei giovani verso il magro reddito agricolo, si sono determinate le condizioni per la sua irreversibile crisi.

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Nel 1994 è stata fondata la cooperativa agricola Solagri che, supportando i produttori di limoncello dell'area, ha realizzato il ritorno all'economicità di questa tradizionale coltura riducendo progressivamente l'utilizzo di pesticidi e concimi chimici e contribuendo al riconoscimento della tipicità del Limone di Sorrento mediante la concessione del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) da parte dell'Unione Europea.

Le caratteristiche.

Il limone ovale di Sorrento (evoluzione del Femminello Comune), nell'ambiente tipico della Penisola Sorrentina, esplica in pieno le sue caratteristiche organolettiche, rappresentate da un perfetto equilibrio tra zuccheri ed acidi e da un intenso profumo.

L'impiego dei pali di castagno per la costruzione di pergolati e di pagliarelle per la difesa da luce, freddo e grandine rispetta le antiche tradizioni e difende gli ambienti rurali ed il paesaggio.

L'Ovale di Sorrento è una cultivar in grado di fiorire anche 5-6 volte in un anno. Se le condizioni climatiche si presentano favorevoli, la cultivar fiorisce fino ai primi di novembre. Il frutto assume forme diverse presentandosi di norma ovale, ma, a volte, anche più o meno tondeggiante o affusolato.

La dimensione media aziendale non raggiunge l'ettaro di superficie, mentre la conduzione, una volta tipicamente familiare, sta trasformandosi in imprenditoriale.

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La cultura della vite all'Elba ha origini antichissime, ma ci limitiamo a considerare i tempi più recenti. Dagli anni 40 ai primi anni 50 il paesaggio elbano a quell'epoca era molto diverso dall'attuale, e terrazzamenti a vigneto ricoprivano le pendici dei colli fino ad oltre 300 metri d'altezza, come nel marcianese.

A seguito dell'avvento e del successivo continuo sviluppo del turismo, il patrimonio viticolo si è drasticamente ridotto, fino ai circa 350 ettari attuali, di cui solo 125 iscritti all'Albo per le varie D.O.C. Gran parte dei terrazzamenti si sono coperti di macchia e di boschi o sono stati cancellati dalle costruzioni e la viticoltura si è ritirata verso zone sempre vocate ma più pianeggianti e adatte alla gestione con moderni sistemi.

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La riqualificazione del settore è dovuta essenzialmente a poche Aziende organizzate ed orientate verso la qualità della viticoltura e della produzione. Queste si sono quasi tutte riunite in un Consorzio di Tutela del vino dell'Elba, costtuito a norma di legge 164/92.

Il Consorzio rappresenta quasi il 70% dell'uva D.O.C. prodotta e vinificata sull'isola (6.991 quintali nel 98, pari a 4.518 hl) e certamente vi entreranno in un prossimo futuro molti altri viticoltori. Sua prima azione significativa è stata appunto la presentazione ufficiale del progetto "Itinerario Elba delle strade del vino" che ha consentito la realizzazione di un percorso elbano per il turismo interessato all'enogastronomia e al mondo rurale, collegato con quello toscano di pertinenza del Consorzio "Le strade del vino - Costa degli Etruschi" di cui già diverse Aziende elbane fanno parte e con il quale è prevista una sempre più stretta collaborazione.

Vengono di seguito riportate le principali tipologie di vini, con caratteristiche e abbinamenti consigliati:

Elba Bianco DOC.

Si ricava da uve Trebbiano toscano (localmente conosciuto come procanico) per almeno il 50%, Ansonica e Vermentino, da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 50%. Altre a bacca bianca fino ad un massimo del 20%. Il vino ha un colore paglierino o paglierino scarico, odore vinoso con profumo delicato.

Gradazione alcolica minima: 11°

Abbinamento gastronomico: antipasti e primi piatti di pesce con salse bianche, pesci al vapore.

Temperatura di servizio: 8-10°

Elba Ansonica.

Si ricava da uve ansonica bianca per almeno l'85%, più altri vitigni a bacca autorizzati. Ha colore paglierino più o meno carico fino a dorato. Odore intenso e caratteristico, sapore da secco ad amabile, armonico.

Gradazione alcolica minima: 11.5°

Abbinamento gastronomico: scampi, gamberoni e crostacei in genere per la versione secca.

Temperatura di servizio: 10-12°

vino ansonica_big

Elba Rosso DOC.

Si ricava da uve Sangiovese per almeno il 60% altre uve autorizzate per un massimo del 40% se rosse e 10% se bianche. Il vino ha colore rosso rubino, odore vinoso e fruttato, sapore asciutto, di corpo.

Gradazione alcolica minima: 11.5°

Abbinamento gastronomico: Primi piatti con salse rosse, zuppe di pesce, carni alla brace.

Elba Rosso Riserva.

Si ricava dalle stesse uve del Rosso, ma con un invecchiamento non inferiore a 24 mesi, di cui almeno 12 in legno e 6 in bottiglia.> Ha colore rosso rubino intenso tendente al granato, odore intenso di frutta rossa e spezie. Sapore secco pieno armonico.

Gradazione alcolica minima: 12.5°

Abbinamento gastronomico: arrosti di carni rosse, cacciagione, formaggi stagionati.

Elba Rosato.

Si ricava dalle stesse uve del Rosso. Ha colore rosato più o meno intenso, odore vinoso, fresco, sapore asciutto.

Gradazione alcolica minima: 11°

Abbinamento gastronomico: antipasti di mare con salsa, minestre sia in brodo sia asciutte con salse rosse, omelettes e soufflé di verdure.

Elba Aleatico DOCG.

Si ricava dalle uve aleatico 100% particolarmente selezionate e sottoposte ad appassimento all'aria. Ha colore rubino intenso e cupo, odore intenso di confetture di frutta rossa, sapore dall'amabile al dolce, ricco di corpo, sapido e armonico.

Gradazione alcolica totale minima: 16° di cui almeno 13° svolti.

L'abbinamento gastronomico ottimale per l'aleatico dell'elba è il dolce tipico elbano: la "schiaccia briaca", un dolce secco a base di frutta secca, nel cui composto c'e' anche l'aleatico. E' ottimale anche con crostate di frutta e preparazioni a base di crema e frutti di bosco.

Infoelba consiglia: scaricate l'ottimo articolo di Stefano Bramanti, pubblicato su La Madia Travelfood di Elsa Mazzolini (aprile 2011), dedicato all'Aleatico, la sua storia, e le aziende elbane che lo producono (file PDF, 1,60 MB).

Elba Moscato.

E' prodotto con uva moscato 100%, particolarmente selezionate e sottoposte ad appassimento all'aria. Ha colore giallo paglierino intenso fino ad ambrato, odore intenso caratteristico dell'uva moscato, sapore da amabile a dolce, morbido e vellutato.

Gradazione alcolica totale minima: 16° di cui almeno 13° svolti.

Abbinamento gastronomico: crostate di frutta. vino da meditazione, accompagna bene preparazioni di pasticceria da forno e biscotti.

Temperatura di servizio: 12-14°

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Proprietà e ricette di un frutto piccolo ma dalle grandi qualità per la salute e il benessere del nostro organismo. Ottime da preparare con i mirtilli, salse e marmellate!

I mirtilli sono frutti molto benefici per la salute e ricchi di proprietà nutrizionali. Questi alimenti sono considerati amici della pelle, perché contengono le vitamine necessarie al benessere dei tessuti e della cute.

Il mirtillo è un frutto molto particolare che, oltre ad essere versatile in cucina, ha anche tradizioni antichissime per le cure di diverse patologie.

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Distinguiamo i mirtilli in tre specie mirtillo nero, rosso e blu. I mirtilli sono soliti crescere nei boschi delle zone montane (Alpi e Appennini).

La loro fioritura avviene in primavera. Secondo alcune recenti ricerche effettuate negli Stati Uniti, i mirtilli sono dotati di un enorme quantitativo di sostanze antiossidanti, in grado quindi di prevenire patologie cardiovascolari, proteggere dai tumori; rallentare il processo di invecchiamento.

Le proprietà del mirtillo nero: il mirtillo nero è, secondo pareri, quello più ricco di principi salutari perché contiene zuccheri e molti acidi, come quello 'citrico', 'ossalico', 'idrocinnamico' e il gamma-linolenico. Tutti questi hanno la proporietà di proteggere l'organismo da malattie e disturbi. Il mirtillo nero contiene anche acido folico, che danno al frutto il colore cher ha, riducono la permeabilità dei capillari e ne rafforzano la struttura. Le antocianine infine, note per agire contro i radicali liberi, sono presenti in grandi quantità e hanno il compito di rafforzare il tessuto connettivo migliorandone elasticità e tono.

Il mirtillo rosso è ricco di ferro, vitamina C e fibre; è diffuso in molte regioni dell’Europa e nelle zone collinari e montane dell’Italia. I frutti sono molto saporiti e vengono utilizzati per la preparazione di ottime marmellate. In medicina i mirtilli rossi vengono utilizzati al prevenire e curare le infezioni alle vie urinarie. L'utilità del mirtillo è nota anche in presenza di disturbi quali diarrea, stitichezza e nei problemi legati al colon irritabile e alle emorroidi. I mirtilli rossi hanno anche funzioni attenuative di piccoli inestetismi della pelle (couperose).

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I mirtilli in cucina.

I mirtilli rossi vengono utilizzati per la preparazione di ottime marmellate, conserve e gelatine, o per essere gustate con l'aggiunta di un po' di succo di limone e zucchero con more e lamponi. Ma i mirtilli possono rendere il sapore e il gusto dei nostri piatti salati inconfondibilmente speciale!

Da provare:

1.- Bavarese in verde ai frutti di bosco.


2.- Torta rovesciata ai mirtilli rossi.

Torta rovesciata ai mirtilli rossi

 

3.- Pan dolce ai mirtilli rossi.

Pan dolce ai mirtilli rossi

 

4.- Pane ai mirtilli e noci.

 

5.- Frittelle di mele con mirtilli rossi, dal sapore gentile e dal gusto prominente.

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Al rientro delle vacanze i lavori da fare nell'orto e nel giardino non sono pochi: ecco cosa fare a settembre!

Siete andati in vacanza ma non avrete mica dimenticato il vostro giardino e il vostro orto? Se avete seguito con cura i consigli per annaffiare le piante durante le vostre vacanze, avrete buone probabilità di trovare tutte le piante vive: se siete stati disattenti il primo passo è invece quello di eliminare tutto quello che è seccato durante la vostra assenza!

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I LAVORI NELL’ORTO
Raccogliete gli ultimi pomodori e insalate: prima del grande freddo raccogliete anche tutte le erbe aromatiche del giardino, fatele essiccare o utilizzatele per un sale aromatico o un olio aromatizzato da usare tutto l’anno.

Raccogliete le zucche ornamentali del vostro orto e lasciatele seccare al sole prima di usarle come centrotavola.

Concimate quindi appropriatamente il terreno e preparate la semina per prezzemolo, ravanelli e spinaci. Per tutto il mese di settembre potrete avere ancora tenere foglie di insalata dal vostro orto. Per l’inverno cominciate invece a trapiantare cipolle, aglio e broccoli: perfette per le colture invernali anche i cavoli e verze, che richiedono però un certo spazio.

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I LAVORI NEL GIARDINO.
Anche nel giardino la prima cosa da fare è raccogliere tutti i fiori e le foglie secche che si sono accumulate durante la vostra assenza: non buttateli ma usateli per creare un compost nutritivo per le piante.

Cominciate a diminuire la quantità di acqua che utilizzate per annaffiare le piante, e affilate le forbici da giardiniere: comincia il periodo delle potature per gli alberi da frutto, ma procedete solo quando le temperature si saranno abbassate!

Questo è anche il momento ideale per creare della talee: potete fare delle talee di rosmarino, di mentao di sanseviera! Lasciate infine che i fiori del vostro giardino estivo diano gli ultimi segnali di vita e preparatevi a scegliere con quali fiori sostituirli nel caso in cui vogliate un giardino fiorito anche in inverno.

Ultimo tocco per il vostro giardino è scegliere i bulbi a fioritura invernale: cominciate anche a procurarvi tutto il necessario per proteggere le piante dal freddo inverale,  meglio essere sempre preparati ai cali improvvisi di temperature!

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1.- La regina della notte, quindi i fiori seguono l'orologio.

Per chi è nottambulo, e può apprezzare la Regina della notte, di cui parliamo a fianco, c'è un'altra meraviglia da coltivare, la Bella di notte o Ipomea mexicana, che non passa facilmente l'autunno, e ancor meno l'inverno, all'aperto nel nostro clima.
Ma che, di stagione in stagione, da una bella fioritura bianca e leggermente profumata nel corso delia notte. Per chi non è nottambulo, o non abbastanza mattiniero, ecco un altro fiore che sì comporta seguendo un orologio personale.  

2.- Potature a regola d’arte (2a parte).

potare attrezziTipi di potatura:

Rimonda: con questo termine si indica la rimozione di rami secchi. Lo scopo è di prevenire le rotture e di eliminare i rami secchi che possono essere inoculo di patogeni. Tale intervento può essere eseguito in ogni momento in quanto non va a modificare la fisiologia della pianta.

Alleggerimento: si lavora rami ipocormici ed epicormici. . Si va a modificare l’età della pianta e il suo vigore. I tagli sono ridotti e solamente sui rami.  

3.- 10 piante d’appartamento che ripuliscono l'aria di casa.

Decorative ma non solo. Le piante d’appartamento contribuiscono a ripulire l’aria di casa.
Ecco quelle consigliate a chi vuole incrementare la propria riserva di ossigeno.
La formaldeide presente nel compensato e nella moquette. Il benzene di vernici e inchiostri. Persino l'acetone e l'etanolo, prodotti normalmente con la respirazione. L'aria delle nostre case è spesso piena di sostanze chimiche inquinanti, che possono essere eliminate scegliendo le piante d'appartamento adatte.  

4.- Peperoni in technicolor, crudo nelle insalate, in pinzimonio o nella bagna caoda.

II peperone (Capsicum annuirti è un ortaggio proveniente dall'America del Sud. Comparso sulle tavole europee nel XVI secolo, oggi la sua coltivazione è molto diffusa in molti Paesi e in Italia.
Tra i peperoni più pregiati ricordiamo quelli dì Carmagnola, prodotto agroalimentare tradizionale e presidio slow food (da oggi, fino al 7 settembre, il paese ospita la tradizionale sagra).

5.- Tecniche di coltivazione degli agrumi.

Classificazione botanica.
Gli agrumi appartengono a diversi generi, di cui i principali sono Citrus, Fortunella e Poncirus. Vengono coltivati prevalentemente per la produzione di frutti da destinare al consumo fresco o alla trasformazione industriale, ma anche per scopi ornamentali. Hanno luoghi di origine diversi e quasi sempre ricadenti in una vasta area dell’Asia sud-orientale.
Compatibilmente con la loro scarsa resistenza alle basse temperature, si sono diffusi in molte altre parti del mondo, dal bacino del mediterraneo all’America e al Sudafrica, attraversando la storia delle più grandi civiltà.  

6.- Malattie e cure delle piante.

Anche se dedichiamo molte cure alle nostre piante, spesso queste si ammalano: bisogna sapere individuare con precisione il motivo per cui soffrono per porre rimedio nel migliore dei modi; ma come fare per capire da che cosa sono affette le nostre piante?
Malattie e cure.
Una pianta sempre ben curata è sicuramente più resistente alle malattie ma non è certo che non si ammali.
Ti illustriamo in che modo individuare il problema e i suoi sintomi, quali piante devi proteggere e come debellare gli attacchi parassitari.

7.- Potature a regola d’arte (1a parte).

potare009In ambienti antropizzati, bisogna intervenire con la potatura prevedendo ciò che l’albero farebbe, senza il nostro intervento, negli anni successivi. Questo ci permette di mantenere un albero sicuro e vitale, di mantenere la sua forma naturale e farlo resistere agli attacchi da parte di parassiti e patogeni.

In ambito ornamentale, per operare una corretta potatura, è fondamentale individuare la famiglia a cui appartiene l’albero in questione.  

8.- Piante medicinali in fitoterapia

Le piante hanno una diversità biochimica molto più ricca degli animali e almeno i quattro quinti dei metaboliti secondari oggi conosciuti sono di origine vegetale.

La spiegazione di questo fenomeno risiede probabilmente nel fatto che le piante sono vincolate al suolo e devono evolvere una molteplicità di meccanismi di adattamento. I prodotti del metabolismo secondario sono in pratica gli intermediari con cui gli organismi vegetali comunicano con l’ambiente che li circonda, con lo scopo di trovare le condizioni più adatte per poter vivere, convivere, sopravvivere e riprodursi.  

9.- Il «pomodoro da serbo» non va irrigato e si conserva fresco sino a primavera.

I pregi di questo tipo di pomodoro, coltivato da sempre nel sud Italia, fanno sì che trovi spazio negli orti familiari. Il problema sta nella difficoltà di reperire la semente.
II «pomodoro da serbo» è un ortaggio intimamente legato alla cultura alimentare del sud Italia. In passato questo ortaggio rappresentava l'unica fonte da cui si po­tesse attingere per il consumo fresco di pomodoro nel periodo autunno-invernale.
Non ha bisogno di irrigazioni, né di interventi antiparassitari e si conser­va allo stato fresco fino a primavera.

10.- L’Atlante dei funghi: Acetabula leucomelas.

acetabulaleucomelasAtlante delle principali specie di funghi commestibili e velenosi, funghi simbionti, saprofiti e parassiti (piu' di 600 specie di funghi considerate).

Acetabula leucomelas (Pers.) Sacc.
Atlante dei funghi - Funghi commestibili e velenosi

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Tipi di potatura:

Rimonda: con questo termine si indica la rimozione di rami secchi. Lo scopo è di prevenire le rotture e di eliminare i rami secchi che possono essere inoculo di patogeni. Tale intervento può essere eseguito in ogni momento in quanto non va a modificare la fisiologia della pianta.

Alleggerimento: si lavora rami ipocormici ed epicormici. . Si va a modificare l’età della pianta e il suo vigore. I tagli sono ridotti e solamente sui rami.

Selezione: si opera in tale modo per eliminare difetti, incroci, sfregamenti. Il taglio è effettuato sul fusto.

potare attrezzi

Ricostruzione: per gli alberi già capitozzati si può eseguire la ricostruzione della chioma. Vengono scelti i rami più forti e meglio inseriti e si riducono con tagli di ritorno. Lo scopo è quello di dare all’albero una forma più simile possibile a quello naturale, di ridurre nel tempo gli interventi drastici mantenendo l’ albero in sicurezza. E’ un’operazione che va eseguita periodicamente per ottenere buoni risultati.

Spalcatura: operazione di potatura che prevede l’eliminazione dei rami più bassi per permettere il passaggio di mezzi e persone. Tale operazione, prevedendo le necessità di passaggio, è meglio effettuarla in fase giovanile.

Potatura di contenimento e equilibratura: a volte può essere necessario intervenire su una pianta per limitarla nella dimensione, per permettere il passaggio di cavi aerei o per equilibrare la sua chioma. I tagli da effettuare devono essere programmati attentamente per rispettare il portamento e la fisiologia dell’albero.

Taglio-siepi

Punte codominanti: tale sviluppo, che in alcune specie è più frequente, dev’essere eliminato il prima possibile per evitare problemi strutturali e tagli troppo grandi.

Forcella con corteccia inclusa: le forcelle possono avere due forme: a U o a V: Quelle a V possono avere la corteccia inclusa. Con il tempo tale problema porta al cedimento di una delle due branche interessate.

Taglio di ritorno: tecnica che permette l’accorciamento di un ramo rispettando la fisiologia della pianta. Deve essere rispettato il rapporto tra ramo principale e quello di ritorno.

Potatura a tutta cime: tecnica che non elimina la cima e quindi riduce la produzione di polloni.

Potatura in forma obbligata: gli alberi che sono stati allevati in forma obbligata necessitano di potature che mantengano tale forma.

Potature verde (estiva): le piante, durante il periodo estivo, vanno in riposo vegetativo. Ed è questo il momento migliore per effettuare tale tipo di potatura. I tagli effettuati si chiudono più facilmente.  Si opera su una piccola porzione della chioma, in modo da ridurre la potatura invernale. E’ utile per ridurre il vigore di piante particolarmente attive.                  

La stagione estiva inoltre è un buon momento per effettuare la rimonda del secco in quanto esso risulta particolarmente evidente.

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Capitozzatura

Tecnica largamente utilizzata, soprattutto lungo i viali alberati ma non solo, che prevede il taglio drastico ed indiscriminato senza rispettare la fisiologia, la struttura e le necessità dell’albero. Consiste nel taglio internodale utilizzato per ridurre l’albero in altezza e dimensione.

Conseguenze:

- La reazione dell’albero in seguito alla capitozzatura è una produzione smisurata di rami nel tentativo di ricostruire l’apparato fogliare necessario alle sue funzioni vitali. I rami prodotti da gemme dormienti sono lunghi ed esili, mal inseriti e di facile rottura. Per la ricostruzione della chioma, l’albero consuma grandi quantità di energia immagazzinata invece per altre funzioni (difesa da insetti e malattie, riserve in caso di crisi idriche, funzioni dell’apparato radicale…); ciò fa si che l’albero sí indebolisca, riduca le sue capacita di difesa e abbia minore capacità di ripresa in caso di eventi straordinari. Le sue aspettative di vita si riducono.

- I tagli necessari per eseguire la capitozzatura sono spesso troppo estesi e mal posizionati per venir cicatrizzati. L’applicazione di mastici cicatrizzanti é inutile. Tali tagli sono la via preferenziale per l’ingresso di parassiti e patogeni. Ciò comporta la necessità di un controllo periodico dei tagli.

potatura ulivo

- Le parti dell’albero che noi normalmente osserviamo sono la chioma e il fusto, ciononostante l’apparato radicale é ugualmente importante. Le radici infatti hanno una doppia funzione: assorbimento dell’acqua e delle sostanze nutritive dal terreno e ancoraggio. La lesione del fusto e l’asportazione dell’intera chioma portano a una morte e marcescenza di parte dell’apparato radicale ad esse connesso. Con conseguenze facilmente immaginabili.

- L’albero perde completamente la sua dignità e la sagoma caratteristica di ogni specie. Perde il suo valore economico, paesaggistico ed ambientale.

- I costi, all’inizio apparentemente minori, si ripresentano periodicamente per la gestione dell’albero: taglio periodico dei polloni per scagionare il rischio di rottura, controllo dei tagli per verificarne lo stato di salute, vita più breve e di conseguenza anticipata sostituzione.

Soluzioni:

Un albero capitozzato necessita una frequente manutenzione ordinaria. In alcuni casi è possibile operare un’operazione di ripristino con l’obiettivo di ricostruire parzialmente la chioma. Se si ha la necessità di potare un albero e di ridurre una parte di esso é possibile effettuare una potatura a regola d’arte nel pieno rispetto dell’albero e con costi di gestione futuri ridotti.

E’ fondamentale, nella scelta dell’essenza, optare per alberi della dimensione adeguata al luogo dove verranno piantati ed effettuare una potatura di impianto e di formazione corretta.

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In ambienti antropizzati, bisogna intervenire con la potatura prevedendo ciò che l’albero farebbe, senza il nostro intervento, negli anni successivi. Questo ci permette di mantenere un albero sicuro e vitale, di mantenere la sua forma naturale e farlo resistere agli attacchi da parte di parassiti e patogeni.

In ambito ornamentale, per operare una corretta potatura, è fondamentale individuare la famiglia a cui appartiene l’albero in questione.

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Quando intervenire con la potatura:

La potatura è indispensabile fin dalla  fase giovanile del soggetto arboreo. L’operazione previene interventi più invasivi e costosi in futuro. E’ importante poi effettuare potature ad intervalli regolari per mantenere l’albero sicuro e in salute.

Poiché il taglio è uno delle vie d’entrata dei vari patogeni degli alberi; Intervenedo con regolaritá e rispettando il colletto, si possono effettuare tagli di dimensioni inferiori ai 10 cm facilmente cicatrizzabili dall’albero.

Le piante consumano diverse quantità di energia a seconda delle attività che stanno svolgendo. Per questo motivo i periodi migliori per effettuare la potatura sono durante il riposo vegetativo. E’ da evitare la potatura sia durante la germogliazione che durante la perdita delle foglie in quanto i livelli di riserva energetica sono al minimo.

Potatura siepe (immagini tratte dal web)

La potatura del secco è possibile effettuarla in qualsiasi periodo; bisogna tener conto che quando la chioma è verde il secco è più evidente e il lavoro del potatore è più agevole. Caso particolare è per betulla, noce, vite…la potatura deve avvenire prima che vada in succhio per evitare “il pianto”.

Sulle conifere, avendo esse un sistema differente dalle latifoglie (sono alberi preistorici), si può lavorare in ogni momento ad eccezione del periodo estivo in cui l’attività linfatica è al suo massimo.  Le conifere si comportano in modo diverso dalle latifoglie e per questo motivo non è possibile potarle con la stessa tecnica.

schema_potatura

Da considerare inoltre la quantità di chioma asportata:

- 10% ottimo. La pianta non ne risente.

- 30% è il limite per cui si può considerare corretta la potatura. La pianta consuma tutto e non produce piú riserve di energia.

- oltre il 30% l’albero comincia soffrire. Interrompe la funzione riproduttiva, non crea più riserve energetiche necessarie per i periodi critici, consuma energia per ristabilire la sua chioma, le radici non vengono più nutrite correttamente.

- eliminazione totale della chioma: l’albero va in deficit, consuma tutte le sue riserve per ricostruire la sua superficie fogliare. I rami, che naturalmente l’albero posiziona e bilancia con la massima cura e perizia, vengono creati caoticamente da gemme epicormiche (gemme dormienti); non hanno la stessa struttura che li inserisce nel tronco ma spuntano debolmente dalla corteccia.

N.B. Le conifere non possiedono (o quasi) gemme epicormiche.

potare

Età e potatura.

Fase giovanile: la potatura in questa fase è la più importante. Permette di garantire la sicurezza e il risparmio economico nella fase adulta della pianta, andando ad eliminare tutte le anomalie strutturali legate alla sicurezza.

Fase adulta: se nella fase giovanile è stata effettuata una corretta potatura, in età adulta ci si può limitare alla potatura del secco e, se necessari, ad altri piccoli interventi. Nel caso in cui non sia stata fatta una potatura corretta in fase giovanile, potrebbe essere necessaria una potatura più drastica e addirittura l’eliminazione di qualche branca o un consolidamento dinamico.

Fase senescente: per garantire la sicurezza delle zone limitrofe ad un albero senescente è necessaria una potatura di ringiovanimento che vada ad eliminare tutte le branche secche. In caso di alberi importanti è possibile procedere con il consolidamento.

potatura con la sega

Quanto intervenire

Su ogni sistema (ramo, branca, albero), una buona potatura non asporta più del 10-20 % del sistema fogliare. Una porzione maggiore metterebbe in crisi la pianta con conseguente diminuzione della energia immagazzinata, produzione di polloni nel tentativo di ricostruire la chioma, difese da attacchi esterni indebolite.

Una buona potatura, mantenendo la forma della chioma caratteristica di ogni specie, risulta quasi non visibile.

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