le zone fitoclimatiche

Il clima, così come il suolo, è uno dei fattori fondamentali di determinazione delle specie botaniche in relazione al territorio. Ma si tratta di una relazione biunivoca, perché il clima stesso è influenzato dai vasti sistemi vegetali naturali (si pensi al ruolo della foresta pluviale amazzonica, per citare il caso più celebre).

Il tempo atmosferico naturalmente ha a che fare con il clima, ma mentre il primo è caratterizzato da una certa variabilità, il secondo è sostanzialmente stabile. La meteorologia infatti è la scienza che studia l'evoluzione del tempo atmosferico nel breve periodo. Si potrebbe dire che essa sta al clima come la cronaca giornalistica sta alla Storia. Ciò significa che per cogliere un ritratto verosimile del clima, non basta seguire le previsioni del tempo: bisogna "allontanarsi" nello spazio, realizzare uno sguardo assai ampio, capace di registrare i grandi cicli climatici, magari anche oltre quelli più evidenti delle stagioni.

Nelle vicende del clima poco importa che si abbia per esempio un'estate eccezionalmente piovosa o un inverno particolarmente secco. Il clima infatti è caratterizzato da un certo equilibrio di fondo, da una ricorrenza caratteristica dei fenomeni meteorici sul lungo periodo.
Questa stabilità è determinante per lo sviluppo delle specie e costituisce uno dei presupposti chiave dell'evoluzione biologica.

Paradossalmente infatti il clima si può interpretare meglio studiando le relative caratteristiche delle specie botaniche, piuttosto che seguendo le sintesi meteorologiche.

E' opportuno dire che l'altitudine (la quota rispetto al livello del mare) e la latitudine (la distanza dall'equatore) sono i fattori climatici determinanti. Ma naturalmente i componenti sono molteplici (basti citare la vicinanza al mare, o in particolare le correnti oceaniche, o la piovosità media, o la circolazione dei venti dominanti) e il clima è variamente influenzato dalla complessità dei modi in cui ogni componente si collega agli altri.

Da questa prospettiva è possibile evidenziare il legame che sussiste tra il clima e il territorio. In altre parole, si può realizzare una carta climatica del territorio, che come ogni altra carta geografica, può assumere funzioni di guida nel suo specifico campo di applicazione. Nel nostro caso, per esempio, può indicarci quali piante è opportuno selezionare e quali altre escludere per una data localizzazione. Esistono vari tipi di carte climatiche del territorio italiano, redatte secondo diverse prospettive. Di seguito ne consideriamo alcune.

Dal punto di vista delle categorie climatologiche a grande scala che interessano il continente europeo, in Italia si riscontrano due climi di base:

- quello mediterraneo, caratterizzato da una certa aridità estiva (piovosità media annuale non superiore a 900 millimetri) e da temperature medie annuali comprese tra i 14°C e i 18°C, dove la vegetazione di riferimento è composta da latifoglie sempreverdi come olivi (Olea europaea), lecci (Quercus ilex) e agrumi (genere Citrus);

- e quello medio-europeo, caratterizzato da precipitazioni abbastanza uniformi nel corso dell'anno (piovosità media annuale fino a 1500 millimetri) e da temperature medie annuali comprese fra 9°C e 13°C, dove la vegetazione di riferimento è costituita da latifoglie a foglia caduca come le varie querce cerro (Quercus cerris), farnia (Q. robur), roverella ( Q. pubescens) e rovere (Q. petraea), i castagni (Castanea sativa) e i faggi (Fagus sylvestris).

I Principali Tipi Forestali


Conifere

Lecceta


Querceto


Faggeta

Dal punto di vista altimetrico, invece, il territorio italiano (caratterizzato com'è noto da significativi sistemi montuosi, estesi da est a ovest - le Alpi - e da nord a sud - gli Appennini) si può suddividere in diverse fasce climatiche:

- Dal livello del mare a 300 metri si estende la fascia mediterranea secca, interessata da specie come gli agrumi e le palme nane (Chamaerops humilis);

- Da 300 metri a 600 metri si estende la fascia mediterranea media, nella quale sono diffusi l'olivo (Olea europaea), il pino domestico (Pinus pinea), la quercia da sughero (Quercus sube);

- Da 600 metri a 800 metri si estende la fascia collinare, dominata dalle querce (rovere, farnia e roverella), dal castagno e dall'acero campestre (Acer campestre), e più a sud dal leccio;

- Da 800 metri a 1200 metri si estende la fascia montana, interessata da varie specie, come l'acero montano (Acer pseudoplatanus), il carpino (Carpinus betulus), il frassino (Fraxinus excelsior), il faggio e gli abeti bianchi (Abies alba) e rossi (Picea abies / P. excelsa);

- Da 1200 metri a 1800 metri si estende la fascia prealpina (o subalpina), caratterizzata ancora dall'abete rosso, da vari pini come il silvestre (Pinus sylvestris), il mugo (Pinus mugo) e il cembro (Pinus cembra), dal larice (Larix decidua / L. europaea) e dal ginepro (Juniperus communis);

- Da 1800 metri a 2400 metri si estende la fascia alpina, nella quale la vegetazione tende a essere per la maggior parte composta da specie erbacee, con aree poste in zone più protette interessate ancora dal larice, dal cembro e da altri pini a portamento prostrato, soprattutto il mugo;

- Oltre i 2400 metri si estende la fascia glaciale (o nivale), dove si riscontra la totale assenza di specie arboree e la presenza di associazioni vegetali composte prevalentemente da muschi e licheni.

Le prime due fasce si riferiscono per lo più alle regioni meridionali, incluse le isole, e influenzano la cintura costiera del mar Tirreno (fino a comprendere la Liguria), interessano inoltre alcune ridotte enclave intorno ai grandi laghi prealpini (aree insubriche). Le ultime due fasce invece riguardano quasi esclusivamente l'arco alpino.

Tuttavia, data la complessità orografica (conformazione fisica altimetrica), l'estensione nord-sud e una serie di altre specificità, alla fine è preferibile suddividere il territorio italiano in sei fasce climatiche di rilevanza botanica (zone fitoclimatiche). In queste zone è possibile osservare una vegetazione-tipo, cioè, un'associazione di specie vegetali spontanee che ricorrono con costanza su quella specifica area. Il nome stesso delle zone si richiama più o meno vagamente alla specie di riferimento:

zone fitoclimatiche italia

Mappa delle zone fitoclimatiche in Italia


Lauretum caldo

Fagetum


Lauretum freddo

Picetum


Castanetum

Alpinetum

Lauretum caldo - Costituisce la fascia dal livello del mare fino a circa 300 metri di altitudine, sostanzialmente lungo le coste delle regioni meridionali (fino al basso Lazio sul versante tirrenico e fino al Gargano su quello adriatico), incluse Sicilia e Sardegna. Questa zona è botanicamente caratterizzata dalla cosiddetta macchia mediterranea, ed è un habitat del tutto favorevole alla coltivazione degli agrumi;

Lauretum freddo - Si tratta di una fascia intermedia, tra il Lauretum caldo e le zone montuose appenniniche più interne, nelle regioni meridionali già citate; ma questa fascia si spinge anche più a nord lungo le coste della penisola (abbracciando l'intero Tirreno e il mar Ligure a occidente e spingendosi fino alle Marche sull'Adriatico) interessando il territorio dal livello del mare fino ai 700-800 metri di altitudine sull'Appennino; inoltre si riferisce ad alcune ridotte aree influenzate dal clima dei grandi bacini lacustri prealpini (soprattutto il lago di Garda). Dal punto di vista botanico questa zona è fortemente caratterizzata dalla coltivazione dell'olivo ed è l'habitat tipico del leccio;

Castanetum - Riguarda sostanzialmente l'intera pianura Padana incluse le fasce prealpine e si spinge a sud lungo l'Appennino, restringendosi sempre più verso le estreme regioni meridionali; a parte la superficie planiziale che si spinge fino al livello del mare lungo la costa dell'alto Adriatico (dalla Romagna all'Istria), questa fascia è generalmente compresa tra le altitudini di 300-400 metri e 900 metri nell'Italia settentrionale (ché la quota aumenta progressivamente verso sud col diminuire della latitudine). Questa zona dal punto di vista botanico è compresa tra le aree adatte alla coltivazione della vite (Vitis vinifera) e quelle adatte al castagno; è l'habitat ottimale delle latifoglie decidue, in particolare delle querce;

Fagetum - Si tratta di una fascia che interessa sostanzialmente il territorio montuoso compreso fra le Prealpi e le Alpi lungo tutto il perimetro della pianura Padana e si spinge a sud lungo gli Appennini restringendosi sempre più al diminuire della latitudine, fino a interessare solo le cime (monti della Sila, Pollino) nell'estremo lembo meridionale; questa fascia va generalmente dalle altitudini di 800-900 metri fino ai 1500 metri nell'Italia settentrionale, mentre nelle regioni meridionali arriva fino al limite della vegetazione arborea. Botanicamente questa zona è caratterizzata dai boschi di faggi e carpini, spesso misti agli abeti;

Picetum - E' la fascia montana, quasi esclusivamente alpina, che si estende tra i 1400-1500 metri e i 2000 metri di altitudine. Dal punto di vista botanico questa zona è caratterizzata dai boschi di conifere, non solo abeti, ma anche larici e pini;

Alpinetum - Rappresenta la fascia alpina estrema, compresa tra i 1700 metri e il limite della vegetazione arborea (che varia dai 1800 metri ai 2200 metri). Si tratta di una zona comunque caratterizzata da una vegetazione arborea piuttosto rada, costituita perlopiù da larici e da alcuni tipi di pino, che verso l'alto assumono portamento essenzialmente prostrato (Pinus mugo).

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agrumiCon il termine Mandarini viene designato un gruppo eterogeneo di agrumi di grande importanza economica (a livello mondiale, seconda solo all'arancio). Diverse sono le scuole di pensiero riguardo alla loro classificazione botanica.

Mandarino King (Citrus nobilis - Citrus deliciosa).

Il Mandarino King (Citrus nobilis - Citrus deliciosa), di origine cinese, è stato portato in Europa all'inizio dell'Ottocento. sembra sia un ibrido tra Citrus reticulata (mandarancio) e Citrus sinensis (arancio dolce).
e' una pianta robusta con chioma espansa, alta fino a 4,5 m.

Le spine sono presenti soltanto sui succhioni. Le foglie, da ovato-oblunghe a ovato-lanceolate, hanno picciolo con alette sottili. I fiori sono piccoli, bianchi, profumati e singoli. I frutti sono di taglia media, globosi e depressi ai poli, con buccia sottile non aderente alla polpa; quest'ultima è color arancio, aromatica e succosa e ricca di semi (anche se sono state selezionate varietà apirene).

Molto diffusa è la varietà "Avana" da cui sono state ottenute numerose selezioni come l'Avana apirena e il Tardivo di Ciaculli. Molte varietà sono usate a scopo ornamentale per la lunga permanenza dei frutti sulla pianta.

Mandarino Cleopatra (Citrus reshni).

Il Mandarino Cleopatra (Citrus reshni), originario dell'India, forma piante a portamento compatto e arrotondato. Le foglie sono piccole, strette, verde scuro. I fiori sono piccoli e bianchi e i frutti, globosi e depressi ai poli, sono simili alle clementine; la buccia è di color arancio, poco aderente alla polpa, che ha un sapore gradevole ed è ricca di semi.. Resiste bene al freddo e viene usata come portinnesto. Utilizzata anche come pianta ornamentale per la lunga persistenza dei frutti.

Mandarancio (Citrus reticulata - Citrus clementina).

Le origini del Mandarancio sono incerte: secondo alcuni studiosi è una specie molto antica originaria della Cina e più in generale dell'Estremo Oriente; altri la ritengono un ibrido tra il mandarino e l'arancio (dolce o amaro), altri ancora un ibrido tra mandarino e chinotto.

Piccolo albero, a volte con rami spinosi, con chioma arrotondata, simmetrica e aperta. Le foglie sono lanceolate, verde vivo, con picciolo leggermente alato. I fiori sono singoli o riuniti in piccole infiorescenze, molto profumati. I frutti arancioni, hanno una buccia arancione facile da togliere e una polpa dolce, ricca di succo, con semi piccoli e appuntiti (oggi sono molte le varietà apirene). Numerose le varietà, dal gruppo delle classiche clementine (nome che deriva da quello del frate missionario, Clemente Rodier, che le coltivò in Algeria) a quello delle Satsuma, ottenute in Giappone più di quattro secoli fa.

La loro maturazione è più precoce rispetto ai mandarini e sono più resistenti al freddo.

Le varietà più note di clementine sono la Monreal, Di Nules, Oroval e Tardivo.

Si innesta su franco della stessa specie o di specie simili, ma si utilizza anche il Mandarino Cleopatra (Citrus reshni). Non maturando dopo la raccolta, devono essere colti allo stadio di maturazione desiderato.

Mandarancio (Citrus reticulata - Citrus clementina)
Mandarancio (Citrus reticulata - Citrus clementina)

Foglie di Citrus reticulata

Foglie di Mandarancio - Citrus reticulata - Citrus clementina (foto www.agraria.org)

Mandarino Satsuma (Citrus unshiu).

Come detto, il Mandarino Satsuma è originario del Giappone (più di quattro secoli fa). In Italia è stato portato verso la fine dell'Ottocento.
Pianta medio piccola, in genere dal portamento espanso. Foglie grandi, verde scuro, ellittiche e con apice appuntito. I fiori, singoli o in gruppi, bianchi, appaiono in primavera. I frutti sono medi, globosi e depressi ai poli, color arancio, hanno buccia sottile, facile da togliere; la polpa è succosa e in genere priva di semi. I frutti sono maturi quando ancora non hanno raggiunto la completa colorazione della buccia. Resiste abbastanza bene al freddo e sono apprezzate come pianta ornamentale per la lunga persistenza dei frutti. Si innestano su arancio trifogliato.

Mandarino tangerine (Citrus tangerina) e Tangor.

Il Mandarino tangerine appartiene al gruppo molto eterogeneo dei Tangerini. Tanaka lo considera una specie a sé stante, altri una cultivar ("Dancy") dei tangerini.

Tecniche di coltivazione.

Classificazione botanica.

Gli agrumi appartengono a diversi generi, di cui i principali sono Citrus, Fortunella e Poncirus. Vengono coltivati prevalentemente per la produzione di frutti da destinare al consumo fresco o alla trasformazione industriale, ma anche per scopi ornamentali. Hanno luoghi di origine diversi e quasi sempre ricadenti in una vasta area dell’Asia sud-orientale. Compatibilmente con la loro scarsa resistenza alle basse temperature, si sono diffusi in molte altre parti del mondo, dal bacino del mediterraneo all’America e al Sudafrica, attraversando la storia delle più grandi civiltà. In Italia hanno trovato una zona d’elezione nelle regioni meridionali, per il clima mite e per il tipo di terreno. Come piante ornamentali hanno una notevole tradizione in Toscana e nelle regioni dei grandi laghi del Nord, dove è diffusa l’abitudine di costruire, all’interno delle ville, particolari strutture adatte ad ospitare gli agrumi nei mesi invernali, e cioè aranciere e limonaie.

Gli agrumi appartengono alla famiglia delle Rutaceae, sottofamiglia Aurantioideae, tribù Citreae, sottotribù Citrinae. La classificazione degli agrumi ha impegnato a lungo i tassonomi a causa della presenza di individui derivati da ibridazione naturale considerati da alcuni come specie a sé stanti. Dell’origine di questi ibridi naturali si è persa ogni traccia, mentre di quelli ottenuti in epoca più recente si conoscono più o meno bene le specie d’origine.

Il genere Citrus è sicuramente il più importante.

Caratteri morfobiologici.

Le foglie sono spiravate, oppure opposte, e prive di stipole. I fiori (zagare) sono ermafroditi con corolla costituita per lo più da 5 petali. L’apparato maschile è formato da due verticilli di quattro-cinque stami (nel genere Citrus sono saldati lateralmente per i filamenti e disposti in gruppi, arrivando fino a 25-40 stami); l’apparato femminile ha in genere cinque carpelli (più raramente quattro), uniti in un ovario supero diviso in cinque-dieci logge. Il frutto è più spesso una bacca, ma può anche essere una drupa o una capsula. Il genere Citrus ha come frutto una bacca, detta esperidio, caratterizzata da un epicarpo o esocarpo (la parte esterna) di notevole spessore, colorato e ricco di ghiandole contenenti oli essenziali: è denominato flavedo. Il mesocarpo (albedo), parte interna saldata all’epicarpo, è bianco e spugnoso: si chiama albedo. L’endocarpo, la parte più interna, è suddiviso in logge (spicchi) per mezzo di sottili membrane; all’interno si trovano cellule, le vescicole, ripiene di una soluzione acquosa di zuccheri e acidi.

Entro ogni loggia si possono riscontrare da 4 a 8 ovuli i quali possono o meno originare altrettanti semi. I semi, di colore biancastro, di forma ovoidale, contengono, in genere, più embrioni, di cui uno ha avuto origine dalla fecondazione, mentre i restanti sono apodittici e pertanto con patrimonio cromosomico identico a quello della pianta madre. L’epoca di fioritura è alquanto variabile andando da febbraio-marzo all’estate; parimenti varia l’epoca di maturazione che va dall’autunno alla primavera dell’anno successivo. Gli agrumi hanno una certa attitudine alla rifiorenza.

Esigenze pedoclimatiche.

Essendo piante di origine tropicale, hanno particolari esigenze nei confronti del clima; per ottenere, infatti, una produzione commerciale valida occorre che questo sia caldo, sufficientemente umido, con inverni miti e senza ampie escursioni termiche, anche se una moderata presenza di queste ultime consente nelle zone mediterranee la comparsa di pigmenti antocianici e carotenoidi, responsabili del colore nelle arance e nei mandarini, cosa che risulta impossibile, proprio per la loro assenza, nelle aree tropicali di origine. In genere svolgono la loro attività vegetativa a temperature comprese tra i 13 e i 30°C. Relativamente al freddo, vengono danneggiati da temperature inferiori a 0°C con intensità variabile in relazione alla specie e alla varietà.

Dannose risultano pure le temperature superiori ai 38°C, specie se si verificano in coincidenza di condizioni di bassa umidità relativa e durante la fase dell’allegagione.

La presenza di venti forti e persistenti può provocare gravi danni alle colture di agrumi (disseccamento delle foglie e dei giovani germogli, rotture meccaniche di rami, ferite da sfregamenti sugli stessi frutti). Per ovviare a tali inconvenienti si ricorre spesso ai frangivento (vivi o morti).
Nei nostri climi, per ottenere una produzione valida, la piovosità annua dovrebbe essere ben distribuita e superare i 1.800 mm. Quindi, in Italia, l’irrigazione è quasi sempre necessaria.

Riguardo al terreno, gli agrumi prediligono quello sciolto o di medio impasto, profondo, fertile, ben drenato (non sopportano i ristagni idrici), con pH compreso tra 6,5 e 7,5 e ben dotato di sostanza organica. Rifuggono i terreni troppo argillosi, calcarei e salsi.

Propagazione e portinnesti.

Gli agrumi presentano spesso la possibilità di riprodurre per seme delle piante geneticamente identiche alla pianta madre grazie alla poliembrionia nucellare. Tali piante hanno il pregio di essere prive delle più importanti infezioni virali, tant’è che la selezione nucellare è stata la prima tecnica utilizzata per risanare il materiale di propagazione. Nel lavoro di miglioramento genetico e di risanamento delle infezioni virali vengono oggi impiegate la micropropagazione, la coltura in vitro di embrioni e il microinnesto.

Per prevenire alcune fitopatie che colpiscono l’apparato radicale si ricorre all’innesto (a gemma, a penna e a corona). L’innesto a corona si utilizza su fusti o rami di grande diametro, anche per reinnestare piante la cui produttività è diminuita o per cambiare la varietà coltivata. Altri metodi di propagazione impiegati sono la talea e la margotta.

I portinnesti usati per gli agrumi sono diversi e individuabili nell’arancio amaro, arancio dolce, arancio trifogliato, ibridi di arancio trifogliato, tipo limone, mandarino e mandarino-simili, lime, altre specie e altri generi.
I portinnesti più utilizzati in Italia sono:
- Arancio amaro (Citrus aurantium): è adatto per terreni sciolti, sabbioso-limosi e moderatamente argillosi; buona la resistenza al gelo; tollera una modesta presenza di sali e un pH elevato; in alcune specie costringe a ritardare la raccolta perché i frutti restano acidi a lungo e si addolciscono solo con il tempo; dal punto di vista fitopatologico è suscettibile alla tristezza e al mal secco, sensibile ai nematodi e molto resistente alla Phytophtora; in genere permette di ottenere piante con un vigore da moderato ad alto, con un’ottima qualità del frutto, di pezzatura piccola; è incompatibile con la varietà di limone “Monachello”.
- Limone volkameriano (Citrus volkameriana): è adatto per terreni sciolti o sabbiosi e sopporta acque con una modesta salinità; buona la resistenza al gelo; riguardo a malattie e parassiti è suscettibile ai nematodi e alla psorosi, mentre tollera la tristezza e la exocortite (mediamente la Phytophtora e il mal secco); permette di ottenere frutti di pezzatura grande; la produzione è abbondante ma la qualità molto modesta; non sono segnalate incompatibilità.
- Alemow (Citrus macrophylla): si adatta a tutti i tipi di terreno e sopporta una modesta salinità; è sensibile al gelo; resiste alla Phytophtora, mentre è sensibile e mal secco e suscettibile alla tristezza; la produzione che si ottiene è abbondante; i frutti si ingrossano precocemente ma la qualità è molto bassa; è un portinnesto utilizzato soprattutto per il limone e le clementine.
- Arancio trifoliato (Porcirus trifoliata): ama i terreni di medio impasto, non gradisce il calcare (il tenore di calcare attivo non deve superare il 4%) e richiede acqua di buona qualità; è sensibile alla salinità, mentre resiste alle gelate nelle aree con inverni non troppo miti; può soffrire in terreni sabbiosi, in caso di siccità, perché ha radici piuttosto superficiali; resiste ai nematodi e alla Phytophtora e tollera la tristezza; discreta la resistenza al mal secco; lo sviluppo della pianta è normale e la produzione elevata, con una qualità eccellente dei frutti che sono anche di pezzatura notevole e hanno una colorazione intensa; è utilizzato per mandarini, aranci, kumquat e, in genere, per le piante coltivate in vaso, dove dà i migliori risultati.
- Citrange (Citrus sinensis x Porcirus trifoliata): si adatta a una notevole varietà di terreni, anche con un elevato contenuto di calcare attivo, e ha bisogno di acqua di buona qualità; sopporta poco la salinità, mentre tollera le gelate moderate; resiste alla Phytophtora e al mal secco, tollera la tristezza e ha una resistenza media ai nematodi; la produzione è abbondante, con frutti di pezzatura grande e di eccellente qualità; è utilizzato per aranci, pompelmi, mandarini e limoni; in Italia si utilizza la cultivar “Troyer”, in America anche la “Carrizo”.

Miglioramento genetico.

Il lavoro di miglioramento genetico nella costituzione ei portinnesti è rivolto particolarmente ad ottenere oggetti con:
- maggiore adattabilità alle condizioni pedoclimatiche più difficili;
- elevata resistenza ai principali parassiti animali e vegetali;
- ottima affinità d’innesto con le diverse specie;
- capacità di indurre una precoce messa a frutto ed una produzione elevata e di ottima qualità;
- capacità di indurre una limitata vigoria al nesto;
Per quanto riguarda gli obiettivi del miglioramento genetico a livello di cultivar, gli obiettivi principali sono:
- piante altamente produttive, longeve, non soggette ad alternanza di produzione, resistenti alle basse temperature, esenti da infezioni virali (nel limone, tolleranti gli attacchi del mal secco);
- produzione uniforme, frutti di media pezzatura, con forma regolare, con buccia liscia e di spessore contenuto, di colore ed aroma caratteristico, privi di semi e con elevato contenuto di succo.

Impianto, concimazione e irrigazione.

Il momento migliore per mettere a dimora le giovani piante di agrumi è la primavera, da fine marzo a maggio, a seconda delle zone, quando il rischio di gelate è ormai passato. La lavorazione profonda del terreno deve essere preceduta, alcuni mesi prima, da una concimazione di fondo. Molto importante è la predisposizione di un buon impianto di drenaggio, soprattutto nei terreni piuttosto pesanti. Lo scasso deve è seguito da un’erpicatura profonda. Prima della messa a dimora delle piante (generalmente disponibili in fitocelle) bisogna predisporre le buche.

Attorno a ogni pianta si scava un piccolo “tornello” per trattenere l’acqua nelle prime fasi dopo la messa a dimora e si irriga abbondantemente.
Per una corretta concimazione è sempre necessaria l’analisi del terreno, da integrare con l’analisi fogliare che permette di sapere quali sono i livelli nutrizionali raggiunti dalla pianta e diagnosticare così eventuali situazioni di carenza o di eccesso dei diversi elementi nutritivi. Per l’analisi fogliare il prelievo va fatto a fine estate-inizio autunno, prelevando foglie emesse cinque-sette mesi prima da rami non fruttiferi.

Le foglie degli agrumi, durante la fase di attività vegetativa, possono assorbire una certa quantità di elementi nutritivi. Questo consente di intervenire con la concimazione epigeica soprattutto in caso di carenze di alcuni elementi o di stress vegetativi.

L’ambiente mediterraneo è caratterizzato da una scarsa piovosità, oltretutto concentrata nel periodo autunno-vernino. Necessario risulta quindi il ricorso all’irrigazione per sopperire alla deficienza di acqua nel periodo estivo. Gli agrumi, poi, risultano particolarmente esigenti nei confronti della qualità delle acque irrigue; infatti un elevato contenuto di cloro, boro e sodio ed altri elementi provocano una sintomatologia caratteristica a causa di un loro accumulo nelle foglie e nei casi gravi una riduzione della qualità e quantità di produzione. La tolleranza nei confronti dei vari sali risulta altamente variabile in relazione al portinnesto e alla specie. Per quanto riguarda i sistemi di irrigazione, oltre ai tradizionali metodi per sommersione a conche e infiltrazione a solchi, risulta attualmente preferito, negli agrumeti della Sicilia e della Calabria, quello per aspersione sotto chioma e in alcuni casi a goccia.

Per il controllo delle erbe infestanti, responsabili di esercitare una spiccata competizione idrica nel periodo primaverile-estivo, viene generalmente praticato il diserbo.(raramente la pacciamatura), generalmente stagionale, cioè attuato solo nel periodo primaverile-estivo dopo che con una lavorazione superficiale si è provveduto alla triturazione delle erbe accresciutesi nel corso delle due precedenti stagioni. In questo modo si ha, durante l’anno, lo coesistenza dell’inerbimento e del diserbo, il che permette di non rinunciare ai vantaggi del primo (es. accumulo di sostanza organica).

Forme di allevamento e potatura.

La forma di allevamento che maggiormente si riscontra negli agrumeti è il globo. Per ottenere tale forma si parte da una pianta già impalcata a circa 0 cm dal terreno e presentante 3-4 branche. Tali branche devono essere inclinate di 60° rispetto alla verticale, essere in posizione simmetrica ed i loro punti di inserzione devono essere distanti circa 10-15 cm uno dall’altro; eventuali rami in eccedenza saranno eliminati. In ogni caso gli interventi cesori devono essere limitati al minimo indispensabile. Tali branche saranno ricoperte da una vegetazione più o meno folta, in relazione alla specie ed alla varietà. Le attuali tendenze, al fine di utilizzare tutto lo spazio disponibile, puntano ad ottenere una forma di allevamento a chioma piena, cioè a far espandere la vegetazione delle branche fino al suolo. Molto utilizzato il sesto d’impianto in quadrato 5 x 5 m.

Le attuali tendenze sono quelle di adottare un sesto d’impianto temporaneo di m 4-5 x 3-3,5, al fine di ottenere un rapido ammortamento delle spese di impianto (anticipo della massima produttività per ettaro). Allorché le piante avranno raggiunto uno sviluppo tale da ostacolarsi l’un l’altra, queste dovrebbero essere diradate, eliminando le file in modo alterno, ottenendo un sesto di m 4-5 x 6-7 m.

Negli agrumi la fruttificazione avviene sui rami dell’anno precedente e l’accrescimento dei rami si verifica normalmente in tre periodi: primavera, inizio estate e autunno. L’induzione fiorale delle gemme comincia durante il periodo di riposo invernale, mentre il massimo contenuto di sostanze di riserva nelle foglie e nei rami lo si ha nei mesi di febbraio e marzo. L’allegagione dei fiori è in funzione della quantità di sostanze di riserva presenti nella pianta. La potatura, dunque, non andrebbe mai eseguita in febbraio e marzo, quando si ha l’accumulo delle sostanze di riserva. E vanno ugualmente evitati i periodi in cui le temperature sono molto basse o molto alte. Non bisogna esagerare con le potature, limitandosi solo ad alleggerire la chioma eliminando i rami secchi, rotti o debilitati dopo che hanno già fiorito o quelli curvi verso il basso. I secchioni, cioè i lunghi rami privi di frutti, vanno eliminati quando provengono dalla parte basale delle branche più grosse, mentre per quelli situati nelle zone più periferiche della chioma ci si può limitare alla spuntatura.

In alcune specie, come nel mandarino o nelle clementine, si osserva un certo affastellamento dei germogli: li si deve quindi diradare per far sì che i rametti siano correttamente distanziati. Su questa specie, la potatura dovrebbe essere effettuata tutti gli anni, per evitare l’alternanza di produzione; per altre specie, come l’arancio, il turno di potatura può invece essere pluriennale. Nella fase giovanile di allevamento i tagli sono da evitare il più possibile, per non ritardare l’entrata in produzione, procedendo eventualmente alla sola asportazione dei secchioni. E anche sulle piante adulte non si deve intervenire troppo severamente per non alterare il rapporto tra vegetazione e produzione: tagli eccessivi favoriscono infatti la vegetazione a scapito della formazione dei frutti. Le potature sono invece necessarie quando si verificano attacchi parassitari da cocciniglie e quando l’altezza della pianta non permette più un’agevole raccolta da terra.

Raccolta e conservazione dei frutti.

La raccolta va effettuata quando i frutti hanno raggiunto un grado di maturazione sufficiente: al contrario di altre specie, infatti, la maggior parte degli agrumi non può completare la maturazione dopo che i frutti sono stati staccati dall’albero (i limoni invece possono maturare anche una volta staccati dalla pianta).

Si raccoglie con tempo asciutto e dopo che i frutti non sono più umidi della rugiada che si è condensata durante la notte. Durante l’operazione bisogna badare a non provocare danni ai frutti, per non aprire inavvertitamente la strada ai parassiti. La raccolta viene attuata sia da terra che con scale e i frutti, raccolti con l’ausilio di apposite forbici, per non privarli della rosetta, vengono posti in cesti di plastica o nei cesti a sacco e successivamente in cassette di plastica del contenuto medio di 20-22 kg. Le cassette, poi, vengono portate ai bordi degli appezzamenti ed accatastate sui pallets o caricate direttamente sui mezzi di trasporto e da qui trasferite ai magazzini di lavorazione e/o conservazione. Una volta che il prodotto è arrivato al magazzino, questo subisce una lavorazione consistente in: lavaggio, trattamento anticrittogamico, ceratura, selezione, calibratura e confezione. A tali operazioni possono, poi, esserne aggiunte altre, in dipendenza della specie e della destinazione del prodotto, così come alcune di esse possono essere eliminate.

La conservazione dei frutti, che deve essere preceduta da una efficace lotta preventiva contro le alterazioni di postraccolta, può essere effettuata in atmosfera normale o controllata.

Un’operazione tipica degli agrumi è la deverdizzazione, che scaturisce dal fatto che i frutti di alcune specie e varietà, pur commercialmente maturi, non hanno perso completamente il colore verde della buccia, e riguarda i limoni autunnali, le arance tardive, i mandarini, le clementine ed i satsuma.

Oltre che per il consumo fresco, gli agrumi possono essere utilizzati nell’industria, cui sono destinati il cernimento di magazzini, lo scendialbero e lo scarto di campagna. I prodotti che si possono ottenere sono: essenze o oli essenziali, succhi, scorze in salamoia e candite, confetture, olio di semi, vino e aceto, paste aromatizzanti, alcool industriale, mangimi zootecnici, pectine e acido citrico.

Avversità e parassiti.

Avversità non parassitarie.
Sono rappresentate dalle avverse condizioni climatiche (basse o elevate temperature, vento e grandine), dalle carenze nutrizionali, comprese quelle idriche, dall’uso errato di fitofarmaci e dagli inquinanti atmosferici.
Gli agrumi sono altamente sensibili alle basse temperature, tanto che già a valori termici superiori a 0°C si possono verificare delle alterazioni.

Virosi e Batteriosi.
Tra le virosi in grado di determinare gravi danni agli agrumi ricordiamo: Exocortite, Maculatura anulare, Psorosi, Tristezza, Impietratura, Cristacortis, ecc.La batteriosi più dannosa è quella causata da Pseudomonas syringae.

Parassiti vegetali.
Numerose sono le malattie che causano danni, anche di notevole entità, sugli agrumi. Quelle di maggior interesse sono il Mal secco (Deuterophoma tracheiphila), la Gommosi del colletto, il Marciume pedale e i Marciumi delle radici ( causati da alcune specie del genere Phytophthora), il Cancro gommoso (Botryosphaeria ribis), la Fusariosi (Gibberella baccata), l’Antracnosi (Colletotrichum gloeosporioides), la Carie del legno (determinata da diversi patogeni, tra cui alcune specie dei generi Fomes, Polyporus, Stereum, Schyzophyllum, Ganoderma e Trametes), il Marciume radicale lanoso (Rosellinia necatrix) e quello fibroso (Armillaria mellea), l’Allupatura o Marciume bruno (Sintomo sul frutto causato dagli stessi agenti della Gommosi del colletto e dei Marciumi del pedale e delle radici). Gli agrumi sono attaccati anche da altri agenti patogeni (es. Fusaggini, Mal di terra dei mandarini, Marciume acido, ecc.) più rari e che difficilmente provocano danni seri.

Parassiti animali.
Gli agrumi sono attaccati da numerosi insetti, acari e nematodi in grado di provocare danni alquanto elevati. Tra le specie più dannose ricordiamo:
- Insetti: il Tripide degli agrumi (Heliothrips haemorrhoidalis), la Camicetta verde (Calocoris trivialis), l’Empoasca (Asymmetrasca decens), la Mosca bianca (Dialeurodes citri), la Mosca fioccosa (Aleurothrixus floccosus), l’Afide verde (Aphis citricola), lAfide bruno (Toxoptera aurantii) e l’Afide del cotone (Aphis gossypii), la Cocciniglia cotonosa-solcata (Peryceria purchasi), il Cotonello (Planococcus citri), la Cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae), la Cocciniglia del fico (Ceroplastes rusci), la cocciniglia a virgola (Mytilococcus beckii), la Cocciniglia grigia (Parlatoria pergadei), la cocciniglia bianca (Aspidiotus nerii), la cocciniglia rossa forte (Aonidiella aurantii), la Tignola della zagara (Prays citri), l’Oziorrinco (Otiorrhynchus cribricollis), la Mosca della frutta (Caratitis capitata), la Tortricide dei germogli (Archips rosanus) e la Celidonia della zagara (Contarinia citri).
- Acari: l’Acaro delle meraviglie (Eriophyes sheldoni), l’Acaro rugginoso (Aculops pelekassi), i Tenuipalpidi (Brevipalpus phoenicis e Brevipalpus californicus), il Ragnetto rosso (Tetranichus urticale) e un nuovo ragno rosso (Panonychus citri).
- Nematodi e altri parassiti animali: tra i nematodi, il Tylenchulus semipenetrans, il Pratylenchus vulnus, il Meloidogyne javanica e il Radopholus similis; tra gli altri parassiti animali che possono causare danni più o meno gravi e frequenti agli agrumi si ricordano le limacce, le lumache, i roditori e le arvicole.

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aglio rosso di sulmona
Di origine asiatica, l’aglio è una pianta aromatica a bulbo appartenente alla famiglia delle Liliacee.
Quello Rosso di Sulmona cresce esclusivamente nella Conca Peligna, nei pressi di Sulmona, dove viene coltivato da secoli.
Considerato una delle varietà di aglio più pregiate e rare – infatti in Italia è soprattutto diffuso l’aglio bianco, seguito da quello rosa –, l’Aglio Rosso di Sulmona si caratterizza per il colore porpora dei suoi spicchi e per le dimensioni più grandi rispetto a quelle di altre tipologie. I suoi scapi fiorali, rimossi prima della raccolta, possono essere consumati freschi: hanno un gusto più delicato rispetto a quello dell’aglio. Il biotipo di Sulmona è precoce: si coltiva a novembre o dicembre e si raccoglie tra giugno e luglio. I bulbilli (spicchi) si presentano avvolti dalle tipiche tuniche color rosso porpora; hanno profumo pungente e sapore persistente. Commercializzato in trecce, tale aglio conquista per il sapore intenso, determinato dall’elevata percentuale di oli essenziali in esso contenuti; inoltre, ha il pregio di mantenere a lungo intatte le sue caratteristiche.

aglio-rosso-di-sulmona logo

L’aglio Rosso di Sulmona è un ecotipo coltivato da secoli in Abruzzo (Valle Peligna – provincia di L’Aquila – il cui maggiore centro è Sulmona). E’ un prodotto di ottima qualità, ben apprezzato sul mercato, che ha dato origine anche ad elevati flussi di esportazione, ma, ha seguito i trend di riduzione della coltura in Italia, per cui le superfici si sono ridotte ed oggi sono stimati 150 gli ettari coltivati.

aglio-rosso-di-sulmona
E negli ultimi anni il regresso della coltura ha mostrato una notevole accelerazione, assommando ai problemi nazionali generali anche quelli specifici che stanno caratterizzando molte produzioni locali nel nostro Paese.

  • Quando il prodotto tipico non riesce a valorizzarsi sul mercato, se non quello locale;
  • Quando la tecnica colturale, soprattutto la meccanizzazione, non fa passi in avanti;
  • Quando la produzione è dispersa e minimo è il potere contrattuale dei produttori;
  • Quando non si riesce a coniugare i valori della tradizione, percepita dai consumatori come elemento positivo, con quelli di una organizzazione produttiva adeguata all’attuale mercato;
  • Quando, insomma, una produzione tipica resta confinata ad una generazione di produttori, ormai troppo anziana, per investire nel futuro, allora si fa sempre più fosco il futuro della coltura.
  • aglio-rosso-di-sulmona1

Nonostante ciò, il Rosso di Sulmona è ancora oggi una produzione di mercato per due ragioni fondamentali, a differenza di tanti altri ecotipi locali di aglio ormai ridotti a produzioni di strettissima nicchia, se non di solo autoconsumo. Innanzitutto grazie alle sue eccellenti qualità produttive, che ne hanno fatto un prodotto apprezzato e richiesto dal mercato, specialmente quello del Centro Italia, tanto che prodotti esteri o d‘importazione di colore rosso vengono spesso “confusi” sotto le spoglie del Rosso di Sulmona.

L’altra ragione risiede nelle caratteristiche socio-economiche dell’area di produzione, che offre alternative produttive estremamente limitate. L’orticoltura della Valle Peligna, un tempo fiorente in quanto unica area irrigua di tutta l’estesa provincia di L’Aquila, non ha imboccato la strada delle produzioni industriali e non si è neanche riconvertita verso altri indirizzi produttivi. Oggi sono del tutto residuali e marginali gli altri prodotti orticoli, mentre la produzione di aglio, rappresentata non più soltanto dal Rosso di Sulmona, continua a svolgere un importante ruolo nella Produzione Lorda Vendibile dell’intero settore agricolo ed è il solo prodotto orticolo che varca i confini regionali.

aglio-rosso-di-sulmona pianta

Con una produzione di 10.000 q.li di prodotto secco si stima una PLV di circa 2 milioni di euro.In questa difficile situazione nel luglio 2009 è nato il Consorzio dei Produttori che promuove tutte le iniziative tese a difendere, tutelare, valorizzare e commercializzare l’aglio Rosso di Sulmona. I risultati raggiunti in soli 3 anni di lavoro dimostrano che la strada intrapresa sta rilanciando e qualificando la produzione del Rosso di Sulmona.

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1.- Piante medicinali in fitoterapia


Le piante hanno una diversità biochimica molto più ricca degli animali e almeno i quattro quinti dei metaboliti secondari oggi conosciuti sono di origine vegetale. La spiegazione di questo fenomeno risiede probabilmente nel fatto che le piante sono vincolate al suolo e devono evolvere una molteplicità di meccanismi di adattamento. I prodotti del metabolismo secondario sono in pratica gli intermediari con cui gli organismi vegetali comunicano con l’ambiente che li circonda, con lo scopo di trovare le condizioni più adatte per poter vivere, convivere, sopravvivere e riprodursi.
 
2.- Malattie e cure delle piante.


Anche se dedichiamo molte cure alle nostre piante, spesso queste si ammalano: bisogna sapere individuare con precisione il motivo per cui soffrono per porre rimedio nel migliore dei modi; ma come fare per capire da che cosa sono affette le nostre piante?
Malattie e cure.
Una pianta sempre ben curata è sicuramente più resistente alle malattie ma non è certo che non si ammali. Ti illustriamo in che modo individuare il problema e i suoi sintomi, quali piante devi proteggere e come debellare gli attacchi parassitari.
 
3.- La regina della notte, quindi i fiori seguono l'orologio.


Per chi è nottambulo, e può apprezzare la Regina della notte, di cui parliamo a fianco, c'è un'altra meraviglia da coltivare, la Bella di notte o Ipomea mexicana, che non passa facilmente l'autunno, e ancor meno l'inverno, all'aperto nel nostro clima. Ma che, di stagione in stagione, da una bella fioritura bianca e leggermente profumata nel corso delia notte. Per chi non è nottambulo, o non abbastanza mattiniero, ecco un altro fiore che sì comporta seguendo un orologio personale. È la popolare Ipomea Morning Glory, che apre il suo calice blu nelle prime ore del mattino, per richiuderlo verso le nove, dieci. Conservatene i semi per rinnovare la coltivazione l'anno prossimo.
 
4.- Peperoni in technicolor, crudo nelle insalate, in pinzimonio o nella bagna caoda.


II peperone (Capsicum annuirti è un ortaggio proveniente dall'America del Sud. Comparso sulle tavole europee nel XVI secolo, oggi la sua coltivazione è molto diffusa in molti Paesi e in Italia. Tra i peperoni più pregiati ricordiamo quelli dì Carmagnola, prodotto agroalimentare tradizionale e presidio slow food (da oggi, fino al 7 settembre, il paese ospita la tradizionale sagra). Dì colore rosso o giallo, talvolta sfumato di verde, gusto dolce e pronunciato, i peperoni dì Carmagnola (Torino) si dividono in quattro tipologie a seconda della forma: il quadrato, il corno di bue, la trottola e il tumatìcot.
 
5.- Il «pomodoro da serbo» non va irrigato e si conserva fresco sino a primavera.

I pregi di questo tipo di pomodoro, coltivato da sempre nel sud Italia, fanno sì che trovi spazio negli orti familiari. Il problema sta nella difficoltà di reperire la semente. II «pomodoro da serbo» è un ortaggio intimamente legato alla cultura alimentare del sud Italia. In passato questo ortaggio rappresentava l'unica fonte da cui si po­tesse attingere per il consumo fresco di pomodoro nel periodo autunno-invernale. Non ha bisogno di irrigazioni, né di interventi antiparassitari e si conser­va allo stato fresco fino a primavera. Questo pomodoro si trova prevalente­mente nelle regioni meridionali (Cam­pania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sici­lia) dove viene coltivato in piccoli ap­pczzamenti a partire dal livello del mare sino ai 500 metri di altitudine.
 
6.- Mangiare Sano, Mangiare Bene: il grande e variegato mondo dell'alimentazione


Il grande e variegato mondo dell'alimentazione si divide in due capitoli che da sempre son ben distinti tra loro: l'aspetto gastronomico (mangiare è un piacere) e quello salutistico (mangiare bene o male dà salute o malattia). In rete esistono ormai centinaia di siti internet e riviste che trattano di alimentazione.
Incredibilmente, nessuno riesce a trattare l'argomento in modo coerente, onesto e completo.
Le informazioni che si trovano hanno tre grandi difetti:
* Non sono coerenti perché spesso si contraddicono da sole (quello che oggi fa male domani fa bene...)
* Non sono complete perché chi le scrive non ha una visione ormai superata dell'alimentazione.

7.- Piante Aromatiche, ricche di oli essenziali.


Le piante aromatiche contengono sostanze di odore gradevole (aromi), ricche di oli essenziali, la cui funzione biologica si ipotizza possa avere funzione di difesa dagli insetti fitofagi, per i quali risultano repellenti; come stimolanti il metabolismo vegetale; nei fiori come attrazione per gli insetti pronubi, o semplicemente come inerti sostanze di scarto del catabolismo.
Nei vegetali la produzione di sostanze aromatiche può essere distribuita in tutta la pianta o localizzata in determinati organi, come:
  • Semi (pepe, anice, vaniglia, ginepro, caffè, etc.)
  • Bulbi o radici (cipolla, aglio etc.)
  • Foglie (tè, tabacco, etc.)
  • Legno (sandalo, canfora, etc.)
 
8.- 10 piante d’appartamento che ripuliscono l'aria di casa.

Piante-da-InternoDecorative ma non solo. Le piante d’appartamento contribuiscono a ripulire l’aria di casa. Ecco quelle consigliate a chi vuole incrementare la propria riserva di ossigeno. La formaldeide presente nel compensato e nella moquette. Il benzene di vernici e inchiostri. Persino l'acetone e l'etanolo, prodotti normalmente con la respirazione. L'aria delle nostre case è spesso piena di sostanze chimiche inquinanti, che possono essere eliminate scegliendo le piante d'appartamento adatte. Ecco dieci potentissimi (e graziosi) filtri naturali, in grado di rendere più sano l'ambiente in cui viviamo:
 
9.- Il Ficus, classico bonsai da interno, riesce a vegetare bene in ambienti poco luminosi e richiede pochissime cure per vivere in salute.

l genere Ficus appartiene alla famiglia delle Moraceae ed era già conosciuto ai tempi degli antichi romani, tanto che la propria denominazione affonda le sue radici etimologiche proprio in quel periodo storico. Si compone di circa 600 specie, con il 90% di esse diffuse nelle regioni tropicali e subtropicali a clima caldo. Sono piante legnose dalle più svariate dimensioni che vanno dagli enormi Ficus benghalensis, alti alcune decine di metri fino ai piccoli rampicanti, quali i Ficus repens. Il Ficus è composto da piante arboree o arbustive, talvolta quasi erbacee, sempre caratterizzate da un comune succo lattiginoso (il lattice) che fuoriesce quando vengono incisi il tronco o le foglie. Le foglie sono di molteplici tipi, alcune profondamente lobate, altre intere o a margini ondulati, altre ancora con pochi denti. Generalmente sono alterne e persistenti, raramente opposte, di consistenza piuttosto variabile, e differenti anche nella nervatura; fatto questo che facilita nella distinzione della specie.
 
10.- I fagioli di Pigna famosi per il loro gusto morbido e delicato.


Grazie alle recenti leggi comunitarie sulla denominazione d'origine,tra i legumi con il "marchio" c'è anche questa specialità, coltivata nell'entroterra ligure da oltre tre secoli.
• Famosi per il loro gusto morbido e delicato, questi fagioli hanno buccia sottile, il che consente una cottura rapida(20minuti),senza aggiunte nell'acqua per intenerirli.
• Secondo la tradizione pignasca, accompagnano solitamente piatti di carne (famosa è la capra con i fagioli), ma il loro gusto li rende ideali anche peraffiancare preparazioni di pesce. Nonostante la presenza do­minante del mare, la Ligu­ria è una delle poche regio­ni italiane che non utilizza la pesca come principale fonte di cibo. La sua gastro­nomia è ricca di prepara­zioni contadine, a base di cereali e ortaggi, condite con l'olio della Riviera e ricche di aromi.
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